INDEX    HOME-MENU    LA POESIA NELLA MUSICA   

                                                                                                                                                                         

                                                                

                                                                                                                    

                                                             

 

 

 

Credo in te, anima mia... 
 Ozia con me sull’erba, 
libera la tua gola da ogni impedimento,
 né parole, né musica o rima voglio...


 

 

 

 

 

   

O CAPITANO! MIO CAPITANO!
 
1865


O Capitano! mio Capitano! il nostro viaggio tremendo è finito,
La nave ha superato ogni tempesta, l'ambito premio è vinto,
Il porto è vicino, odo le campane, il popolo è esultante,

Gli occhi seguono la solida chiglia, l'audace e altero vascello;
Ma o cuore! cuore! cuore!
O rosse gocce sanguinanti sul ponte
Dove è disteso il mio Capitano
Caduto morto, freddato.

O Capitano! mio Capitano! alzati e ascolta le campane; alzati,
Svetta per te la bandiera, trilla per te la tromba, per te
I mazzi di fiori, le ghirlande coi nastri, le rive nere di folla,
Chiamano te, le masse ondeggianti, i volti fissi impazienti,
Qua Capitano! padre amato!
Questo braccio sotto il tuo capo!
É un puro sogno che sul ponte
Cadesti morto, freddato.

Ma non risponde il mio Capitano, immobili e bianche le sue labbra,
Mio padre non sente il mio braccio, non ha più polso e volere;
La nave è ancorata sana e salva, il viaggio è finito,
Torna dal viaggio tremendo col premio vinto la nave;
Rive esultate, e voi squillate, campane!
Io con passo angosciato cammino sul ponte
Dove è disteso il mio Capitano
Caduto morto, freddato.



O CAPTAIN! MY CAPTAIN!


O Captain! my Captain! our fearful trip is done,
The ship has weather'd every rack, the prize we sought is won,
The port is near, the bells I hear, the people all exulting,

While follow eyes the steady keel, the vessel grim and daring;
But O heart! heart! heart!
O the bleeding drops of red,
Where on the deck my Captain lies,
Fallen cold and dead.

O Captain! my Captain! rise up and hear the bells;
Rise up-for you the flag is flung-for you the bugle trills,
For you bouquets and ribbon'd wreaths-for you the shores a-crowding,
For you they call, the swaying mass, their eager faces turning;
Here Captain! dear father!
This arm beneath your head!
It is some dream that on the deck,
You've fallen cold and dead.

My Captain does not answer, his lips are pale and still,
My father does not feel my arm, he has no pulse nor will,
The ship is anchor'd safe and sound, its voyage closed and done,
From fearful trip the victor ship comes in with object won;
Exult O shores, and ring O bells!
But I with mournful tread,
Walk the deck my Captain lies,
Fallen cold and dead.


 

 CREDO IN TE ANIMA MIA
 
 

Credo in te, anima mia, 
l’altro che io sono non deve umiliarsi di fronte a te,
 e tu non devi umiliarti di fronte a lui.
 Ozia con me sull’erba, 
libera la tua gola da ogni impedimento,
 né parole, né musica o rima voglio,
 né consuetudini né discorsi, 
neppure i migliori, soltanto la tua calma voce bivalve,
 il suo mormorio mi piace.

Penso a come una volta giacemmo,
 un trasparente mattino d’estate, 
come tu posasti la tua testa 
di per traverso sul mio fianco 
ti voltasti dolcemente verso di me,
 e apristi la camicia sul mio petto, 
e tuffasti la tua lingua sino al mio cuore snudato,
 e ti stendesti sino a sentire la mia barba,
 ti stendesti sino a prendere i miei piedi.

 Veloce si alzò in me 
e si diffuse intorno a me la pace e la conoscenza 
che va oltre ogni argomento terreno, 
io conosco che la mano di Dio è la promessa della mia,
 e io conosco che lo spirito di Dio
 è il fratello del mio, 
e che tutti gli uomini mai venuti alla luce 
sono miei fratelli e le donne sorelle ed amanti,
 e che il fasciame della creazione è amore,
 e che infinite sono le foglie rigide o languenti nei campi,
 e le formiche brune nelle piccole tane sotto di loro,
 e le incrostazioni muschiose del corroso recinto, 
pietre ammucchiate, sambuco, verbasco ed elleboro.

 

 

 Io canto l'individuo
 

Io canto l'individuo, la singola persona,
Al tempo stesso canto la Democrazia, la massa.

L'organismo, da capo a piedi, canto,
La semplice fisionomia, il cervello da soli non sono degni
della Musa: la Forma integrale ne è ben più degna,
E la Femmina canto parimenti che il Maschio.

Canto la vita immensa in passione, pulsazioni e forza,
Lieto, per le più libere azioni che sotto leggi divine si attuano,
Canto l'Uomo Moderno.

 

 

Per te, o democrazia

Vieni, renderò il continente indissolubile,
creerò la più splendida razza su cui il sole abbia mai brillato,
creerò divine terre magnetiche,
con l’amore dei compagni,
con il diuturno amore dei compagni.

Pianterà la fratellanza, folta come gli alberi lungo tutti i fiumi dell’America,

e lungo le sponde dei grandi laghi, e su tutte le praterie,
renderò inseparabili le città con le braccia l’una al collo dell’altra,
con l’amore dei compagni,
con il virile amore dei compagni.

Per te questi da parte mia, democrazia, per servirti, mia donna!
Per te, per te faccio vibrare questi canti.

 


A una semplice prostituta


Non scomporti - sii a tuo agio con me
sono Walt Whitman, liberale e forte come la Natura,
e finché il sole non ti eviterà, non sarò io ad evitarti,
finché le acque non si rifiuteranno di brillare per te,
né le foglie di frusciare per te,
le mie parole non si rifiuteranno di brillare e stormire per te.

Piccola mia, fisso con te un appuntamento,
e ti chiedo di prepararti per essere degna
di questo incontro,
ti chiedo anche di essere paziente e pura finché io giunga.

Per ora ti saluto con uno sguardo eloquente
affinché tu non possa dimenticarmi.




Noi due ragazzi che stretti ci avvinghiamo


Noi due ragazzi che stretti ci avvinghiamo,
mai che l'uno lasci l'altro,
sempre su e giù lungo le strade, compiendo escursioni a Nord e a Sud,
godiamo della nostra forza, gomiti in fuori, pugni serrati,
armati e senza paura, mangiamo, beviamo, dormiamo, amiamo,
non riconoscendo altra legge all'infuori di noi,
marinai, soldati, ladri, pronti alle minacce,
impauriamo avari, servi e preti, respirando aria,
bevendo acqua, danzando sui prati o sulle spiagge,
depredando città, disprezzando ogni agio, ci beffiamo delle leggi,
cacciando ogni debolezza, compiendo le nostre scorrerie.




Canto di me stesso


Che cos'è l'erba?
Mi chiese un bambino portandomene a piene mani;
come potevo rispondergli?
Non so meglio di lui che cosa sia.
Suppongo che sia lo stendardo della mia vocazione,
fatto col verde tessuto della speranza.
O forse è il fazzoletto del Signore,
un ricordo profumato lasciato cadere di proposito,
con la cifra del proprietario in un angolo
sicchè possiamo vederla e domandarci di chi può essere?
O forse l'erba stessa è un bambino,
il bimbo generato dalla vegetazione.
O un geroglifico uniforme che voglia dire,
crescendo tanto in ampi spazi che in strette fasce di terra,
fra bianchi e gente di colore, Canachi, Virginiani,
Membri del Congresso, gente comune,
io do loro la stessa cosa e li accolgo nello stesso modo.





Poeti estinti, filosofi, preti


Poeti estinti, filosofi, preti,
martiri, artisti, inventori, governi d'un tempo,
forgiatori di lingue su altre rive,
nazioni un tempo potenti e ora indebolite, contratte o desolate,
io non oso procedere finché non v'abbia rispettosamente dato credito
di quanto avete lasciato sparso quaggiù,
io l'ho esaminato, riconosco che è ammirevole,
(essendovi passato in mezzo,)
penso che mai nulla potrà essere più grande,
nulla potrà mai meritare più di quanto
esso meriti, mentre lo contemplo con attenzione,
a lungo, e poi lo congedo,
io sto al mio posto coi miei giorni qui.

Qui terre femminili e maschie,
qui eredi e ereditiere del mondo, qui la fiamma della materia,
qui la spiritualità mediatrice, apertamente riconosciuta,
sempre protesa, il risultato delle forme visibili,
colei che soddisfa ed ora avanza dopo la debita attesa,
sì, ecco avanzare la mia signora, l'anima.





Poeti futuri

 

Poeti futuri! Oratori, cantori, musicisti futuri!
Non l’oggi mi può giustificare e chiarire chi sono,
Ma voi, stirpe nuova, atletica, schietta, continentale,
maggiore d’ogni altra conosciuta,

Sorgete! Spetta a voi giustificarmi.
Io non scrivo solo una o due parole per indicare il futuro,
Non avanzo che un attimo, per poi voltarmi e
Riaffrettarmi nel buio.

Io sono un vagabondo che non si ferma mai, che getta a
Caso uno sguardo su di voi e storna il viso,
Lasciandovi il compito di analizzarlo e definirlo,
Da voi aspettandosi cose più importanti.

 


La poesia salverà il mondo

Il mondo sottomarino,
Foreste al fondo del mare, i rami, le foglie,
Ulve, ampi licheni, strani fiori e sementi,
folte macchie, radure, prati rosa,
Variegati colori, pallido grigio verde,
porpora, bianco e oro, la luce vi scherza
fendendo le acque
Esseri muti nuotan laggiù tra le rocce,
il corallo, il glutine, l'erba, i giunchi,
e l'alimento dei nuotatori
Esseri torpidi brucan fluttuando laggiù,
o arrancano lenti sul fondo,
Il capodoglio affiora a emetter lo sbuffo
d'aria e vapore, o scherza con la
sua coda,
Lo squalo dall'occhio di piombo,
il tricheco, la testuggine, il peloso
leopardo marino, la razza,
E passioni, guerre, inseguimenti, tribù,
affondare lo sguardo in quei fondi
marini, respirando quell'aria così
densa che tanti respirano,
Il cambiamento, volgendo lo sguardo qui
o all'aria sottile respirata da esseri che
al pari di noi su questa sfera
camminano,
Il cambiamento più oltre, dal nostro
mondo passando a quello di esseri
che in altre sfere camminano.

 

 

 

Ad uno sconosciuto

 

Sconosciuto che passi! tu non sai con che desiderio ti
guardo,
Devi essere colui che cercavo, o colei che cercavo (mi
arriva come un sogno),
Sicuramente ho vissuto con te in qualche luogo una vita
di gioia,
Tutto ritorna, fluido, affettuoso, casto, maturo, mentre
passiamo veloci uno vicino all'altro,
Sei cresciuto con me, con me sei stato ragazzo
o giovanetta,
Ho mangiato e dormito con te, il tuo corpo non è più
solo tuo né ha lasciato il mio corpo solo mio,
Mi dai il piacere dei tuoi occhi, del tuo viso, della tua
carne, passando, in cambio prendi la mia barba, il
mio petto, le mie mani,
Non devo parlarti, devo pensare a te quando siedo in
disparte o mi sveglio di notte, tutto solo,
Devo aspettare, perché t'incontrerò di nuovo, non ho
dubbi,
Devo vedere come non perderti più.

 


 

Quando lessi il libro


Quando lessi il libro, la famosa biografia,
E' questa (mi dissi) che l'autore chiama vita di un uomo.
Così qualcuno scriverà la mia vita, quando io sarò morto.
(Come se un altro potesse veramente conoscerne qualcosa,
Se perfino io penso spesso che ne so poco o niente,
Qualche cenno, qualche sparso debole inizio, segnali indiretti
Che per mio uso esclusivo cerco qui di tracciare).
 
 
 
 
 
L'amplesso delle aquile
 

Lungo la strada che costeggia il fiume (mia pomeridiana passeggiata, mio ristoro),
alto nell'aria, improvviso, un rumore smorzato, due aquile in amore,
l'impetuoso avido contatto, l'unione alta nello spazio,
artigli che si afferrano, s'intrecciano, una ruota selvaggia, viva, turbinante,
quattro ali che battono, due becchi, una massa vorticosa strettamente avvinghiata,
che cala in cerchi, si rovescia, s'arrotola, cade giù a precipizio,
finchè sul fiume sospesi, ancora uniti, la calma d'un istante,
un immobile muto bilanciarsi nell'aria, poi il distacco, gli artigli che si sciolgono,
le ali lente e salde nuovamente piegate verso l'alto, i loro voli diversi, separati,
lei il suo, lui il suo, seguendo.
 
 
 
 
 
Un’ora per la pazzia e la gioia
 
 
Un’ora per la pazzia e la gioia!
Oh, furioso! Non rinchiudetemi!
(Che cos’è che mi libera così nella tempesta?
Che significano le mie urla tra i lampi e i venti rabbiosi?)
Bere i mistici deliri più in profondità che ogni altro uomo.
Oh, sofferenze tenere e selvagge.…
Oh, abbandonarmi a te, chiunque tu sia, e tu a me, sfidando il mondo.
Ritornare in Paradiso! Oh, timido e femmineo.
Attirarti a me, porre su di te per la prima volta le mie labbra.
Oh, l’enigma, il nodo triplice, il gorgo scuro e profondo, tutto senza lacci, illuminato.
Andare di corsa dove finalmente c’è spazio abbastanza e aria a sufficienza!
Svincolarsi da legami e convenzioni, io dai miei, tu dai tuoi!
Trovare un nuovo e sinora impensato accordo col meglio della Natura!
Avere la bocca libera dal bavaglio!
Sentire oggi e ogni giorno che noi bastiamo come siamo.
Oh, qualcosa di mai provato, qualcosa di simile all’estasi.
Sfuggire del tutto ad ogni ancora e a ogni presa.
Andare liberi, amare liberi, precipitarsi incauti e pericolosi.
Corteggiare la distruzione col sarcasmo e con l’invito.
Ascendere, saltare verso i cieli dell’amore che mi indichi, salire sin lassù con la mia Anima inebriata.
Perdermi, se così deve essere.
Nutrire il resto della mia vita con un’ora di pienezza e di libertà.
Con un’ora breve di pazzia e di gioia.
 
 
 
 


Abbassa il tuo sguardo, bella luna

Abbassa il tuo sguardo, bella luna, e inonda questa scena,
Versa benigna i fiotti del nimbo della notte
Su volti orrendi, tumefatti, violacei,
Sopra i morti riversi con le braccia spalancate,
Versa il tuo nimbo generoso, sacra luna.


 

Sei tu la nuova persona attirata da me?

Sei tu la nuova persona attirata da me?
Tanto per cominciare Sta' attento, chè sono molto diverso
da quello che credi;
Credi che in me troverai il tuo ideale?
Credi che sia così facile fare di me il tuo amante?
Credi che la mia amicizia sarebbe gaudio perfetto?
Credi che io sia fidato e fedele?
Non riesci a vedere oltre questa facciata, questi miei modi
tolleranti e benevoli?
Credi di poter procedere per u sentiero reale verso un uomo
realmente eroico?
Non t'assale mai il dubbio, o sognatore, che tutto può essere
velo di maya, illusione?


 

Il giardino dell'amore


Sono andato al Giardino dell'Amore, 
E ho visto ciò che non avevo mai visto: 
Una Cappella era costruita nel centro, 
Nel luogo in cui io ero solito giocare sull'erba (verde). 

E i cancelli di questa Cappella erano chiusi, 
E 'Tu non devi' era scritto sull'ingresso; 
Così sono tornato al Giardino dell'Amore 
Che è fecondo di così tanti e dolci fiori; 

E ho visto che era pieno di tombe, 
E pietre sepolcrali dove avrebbero dovuto esserci fiori, 
E Preti in vesti nere vi giravano attorno, 
E incatenavano con rovi le mie gioie e i miei desideri.

 

 

Odo cantar l'America


Odo cantar l'America, odo i canti molteplici,
Quelli degli operai, ciascuno canta il suo come di dovere,
forte e giocondo,
il falegname canta, mentre misura l'asse o la trave,
Il muratore canta, mentre va al lavoro o ne torna,
Il battelliere canta ciò che gli conviene sul battello,

il marinaio canta sul ponte del piroscafo,
Il calzolaio canta seduto al deschetto, il cappellaio in piedi,
Il canto del boscaiolo, quello dell'aratore che la mattina si avvia ai campi,

o durante il riposo meridiano, o al tramonto,
Il delizioso cantare della madre, o della giovane sposa che lavora,

o della ragazza che cuce o lava.
Ognuno canta ciò che si addice a lui, a lei, e a nessun altro,
Il giorno ciò che si addice al giorno - di notte la compagnia
di giovani robusti e cordiali,
Cantano a piena voce i loro forti canti melodiosi.

 

 

Attraversai una volta una città popolosa

Attraversai una volta una città popolosa, imprimendomi nel cervello,
per più tardi servirmene, gli aspetti, le
architetture, gli usi, le tradizioni, 
Ebbene adesso di tutta quella città ricordo appena una
donna, che per caso incontrai e che mi trattenne
per amore sincero,
Un giorno dopo l'altro, una notte dopo l'altra si stava insieme –

tutto il resto da tempo l’ho scordato,

Ricordo, ripeto, soltanto quella donna che appassionata a me si stringeva,
Me la vedo accosto, con quelle labbra tristi, che tremano in silenzio.



 

Come Adamo presto al mattino

Come Adamo presto al mattino,
che cammina uscito dalla capanna di fronde rinfrancato
dal sonno,
guardami mentre passo, odi la mia voce, avvicinami,
toccami, accosta il palmo della tua mano al mio corpo
mentre passo,
non avere paura del mio corpo.

 

 

 

Ahimè! Ah vita!

Ahimè! Ah vita! Di queste domande che ricorrono,
degli infiniti cortei senza fede, di città piene di sciocchi,
di me stesso che sempre mi rimprovero (perché chi più sciocco
di me, e chi più senza fede?)
di occhi che invano bramano la luce, di meschini scopi,
della battaglia sempre rinnovata,
dei poveri risultati di tutto, della folla che vedo sordida
camminare a fatica attorno a me,
dei vuoti ed inutili anni degli altri, io con gli altri legato in tanti
nodi,
a domanda, ahimè, la domanda così triste che ricorre- Che cosa
c’è di buono in tutto questo, ahimè, ah vita?

  Risposta

Che tu sei qui-che esiste la vita e l’individuo,
che il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuirvi
con un tuo verso.

 

 

Canto il corpo elettrico

Canto il corpo elettrico,
le schiere di quelli che amo mi abbracciano e io li abbraccio,
non mi lasceranno sinchè non andrò con loro, non risponderò loro,
e li purificherò, li caricherò in pieno con il carico dell’anima.

 

 

A te

Straniero, se tu passando mi incontri e desideri parlare con me,
perché non dovresti parlarmi?
E perché io non dovrei parlare con te?

 

 

   
   

 

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