SOLITUDINE
La solitudine è come la pioggia.
Si alza dal mare verso sera;
dalle pianure lontane, distanti,
sale verso il cielo a cui da sempre appartiene.
E proprio dal cielo ricade sulla città.
Piove quaggiù nelle ore crepuscolari,
allorché tutti i vicoli si volgono verso il mattino
e i corpi, che nulla hanno trovato,
delusi e affranti si lasciano l'un l'altro;
e persone che si odiano a vicenda
sono costrette a dormire insieme in un letto unico:
è allora che la solitudine scorre insieme ai fiumi.
GENNAIO
Respirano lievi gli altissimi abeti
racchiusi nel manto di neve.
Più morbido e folto quel bianco splendore
riveste ogni ramo, via via.
Le
candide strade si fanno più zitte:
le stanze raccolte, più intense.
Rintoccano l'ore. Ne viene
percosso ogni bimbo, tremando.
Di sovra gli alari, lo schianto di un ciocco
che in lampi e faville , rovina.
In
niveo brillar di lustrini
il candido giorno là fuori s'accresce,
diviene sempiterno, infinito.
Un giorno esisterà la fanciulla e la donna,
il cui nome non significherà più
soltanto un contrapposto al maschile,
ma qualcosa per sé,
qualcosa per cui
non si penserà a completamento e confine,
ma solo a vita reale: l'umanità
femminile.
Questo progresso trasformerà l'esperienza dell'amore,
che ora è
piena d'errore, la muterà dal fondo,
la riplasmerà in una relazione da
essere umano a essere umano,
non più da maschio a femmina.
E questo più
umano amore somiglierà
a quello che noi faticosamente prepariamo,
all'amore
che in questo consiste,
che due solitudini si custodiscano, delimitino e
salutino a vicenda
LA NOTTE E L'ANIMA
In grembo alla notte nevosa, d'argento,
immensa si stende dormendo, ogni cosa.
Solo una eterna sofferenza è desta
dentro l'anima mia.
E mi domandi perché mai si tace
l'anima mia, senza versarsi in grembo
alla notte che sogna?
Colma di me, traboccherebbe tutta
a spegnere le stelle.
LA SERA
Vien da lungi la Sera, camminando
per la pineta tacita, di neve.
Poi, contro tutte le finestre preme
le sue gelide guance; e, zitta, origlia.
Si fa silenzio, allora, in ogni casa.
Siedono i vecchi, meditando. I bimbi
non si attentano ancora ai loro giuochi.
Cade di mano alle fantesche il fuso.
La Sera ascolta, trepida, pei vetri;
tutti - all'interno - ascoltano la Sera
A Lou Andreas-Salomé
Non posso ricordare. Ma quei momenti
puri dureranno in me come
in fondo a un vaso troppo pieno.
Non penso a te, ma sono per amore tuo
e questo mi dà forza.
Non ti invento nei luoghi
che adesso senza te non hanno senso.
Il tuo non esserci
è già caldo di te, ed è più vero,
più del tuo mancarmi. La nostalgia
spesso non distingue. Perché
cercare allora se il tuo influsso
già sento su di me lieve
come un raggio di luna alla finestra.
Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore e...
cerca di amare le domande, che sono simili a
stanze chiuse a chiave e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte che possono esserti date
poichè non saresti capace di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa. Vivere le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano
giorno in cui avrai la risposta.
Ai sospiri dell'amata
la notte intera si innalza;
una carezza leggera
percorre il cielo stupito.
E allora è come se nell'universo
una forza elementare
ridiventasse la madre
di tutto l'amore smarrito.
TONALITA' D'AUTUNNO
L’aria raggela, come nella stanza
d'un moribondo, alle cui porte chiuse,
tacita e ritta, già la Morte origlia.
Sovra gli umidi tetti, un balenìo
scialbo s’adagia: quasi di candele
ripalpitanti in guizzi d'agonia.
Rantola l'acqua via per le grondaje;
passa in rassegna uno sfilar di morte
aride foglie, esaustamente, il vento.
Come stormi di rondini spaurite,
trepide nubi van pe'l cielo grigio.
SERA D'ESTATE
S’è sciolto in spruzzaglia il gran sole.
La sera d'estate, divampa;
riarde di febbre nel volto.
Sospira di schianto: « Vorrei.... »;
ma quindi ripete - « Son stanca... »
Sussurran preghiere i cespugli.
Nel folto, una lucciola splende
(eterna fiammella) a mezz'aria.
Recinge ogni candida rosa,
vermiglia raggiera - il tramonto.
VEGLIA
Già dormono i prati. Non veglia
se non il mio cuore. Null'altro.
La sera ammaìna nel porto
le rosse sue vele di già.
0 veglia sognante, beata!
Incede la Notte su l'erba.
Fiorisce - sbocciandole in mano –
un pallido giglio: la luna.
2
Odi? il passo della notte
- nel silenzio immenso - smuore.
Sul mio tavolo la lampada,
come un grillo, stride piano.
Brucia d'oro ai libri il dorso
lungo taciti scaffali:
i piloni del gran ponte,
che lusinga a ripartire
verso i regni delle Fate.
TRAMONTO
Un cielo grigio e scialbo,
in cui pavido è spento ogni color
Laggiù, soltanto una gran striscia rossa
par cicatrice in fiamme.
Fatui baleni - tratto tratto - a lampi.
Ed è per l'aria
un profumo di rose in agonia,
un rattenuto pianto.
NOTTE D'AUTUNNO
Pesante d'olezzi, sul folto
dei parco la Notte s'adagia
. Le stelle, tacendo.
rimiran la pallida luna:
barchetta d'argento,
che sogna l'approdo
per entro le chiome dei tigli.
Richioccola lungi una fiaba
la garrula fonte, sommessa.
Un tonfo leggero di pomi
su l'erba che immobile sta.
Dal poggio vicino,
la brezza notturna sospira,
recando sovr'ali d'azzurra
falena, traverso le querce,
un greve sentore
di fervidi mosti recenti.
SOGNO
O penso: e vedo (o sogno?)
un piccolo villaggio, una gran pace: dentro, un cantar di galli.
E il piccolo villaggio si smarrisce in un fioccar di neve.
Entro il villaggio, in abiti da festa, una casetta bianca.
Furtiva accenna una testina bionda tra le cortine mosse.
Schiudo la porta: e i cardini, stridendo, chiedono fiochi aiuto.
Poi, nella stanza, un timido e sommesso profumo di lavanda.
CAMPANE A SERA
Campane a sera. E dai lontani monti
sempre più stanca ne ritorna l'eco.
Una fievole brezza a tratti svola
gelida su dalla vallata in fiore.
Entro i rivi d'argento, un sussurrìo
quasi di bimbi che dican preghiere.
Per la selva d'abeti oscura e folta
vibra un chiaror di secoli defunti.
Da uno squarcio di nuvola la sera
spande un fluir di sangue e di coralli
sovra i petrosi spalti. E i rossi grani
ne rimbalzano via, senza dar suono.
LE PRIME STELLE
Ardono i vetri su la casa muta.
Tutto il giardino è un olezzar di rose
Alta distende su l'etere fermo,
tra i larghi abissi delle nubi bianche,
l'ali, la Sera.
Una squilla si versa su le aiuole,
limpida voce di celesti mondi.
Furtiva, su le pallide betulle
colme di sussurrìi, veggo la Notte
che accende lenta nello scialbo azzurro
le prime stelle.
DALL'ALBA ALL'AURORA
Il mondo smaglia come un fiore immenso
gonfio d'olezzi.
Contro i suoi stami,
trepida (è Maggio) la notte s'appende,
grande falena dall'ali d'azzurro.
Nulla si muove.
Brillano solo le antenne d'argento.
L'ali, sbiancando, la recano in alto,
ove alla fiamma del sole che nasce
l'ebra falena
ribeve la morte.
PER LA DENSA CALIGINE...
Per la densa caligine, a valle,
spossata barcolla la Sera
sui sandali d'oro.
Una farfalla che sogna
raccolta ad un tremulo stelo,
più non sugge l'uligine in fiore.
Ogni cosa guarisce e s'inebria.
sorseggiando l'immenso silenzio.
Ed ecco che l'anima s'enfia,
e come un fulgido velo
sovra il bujo universo si stende.
NON TROVA PIU’ SCAMPO LA SERA…
Un pavido grido (non odi?),
dai clivi sfuggendo, si spegne.
Prigione per entro
le mura cadenti d'un chiostro,
non trova più scampo la Sera.
Lo tenta sovr'ogni parete;
le sanguina addosso ferita.
Allora, con trepida mano,
per gli anditi eterni,
nel folto degli intercolunni,
un rutilo incendio disfrena.
Ma tornano al chiostro i romiti
in fila, cantando.
E zitta, succinte le vesti,
pe' l varco, furtiva, la Sera
rifugge nei campi, che lenti
si smorzano anch'essi col sole.
CONVEGNO
M’è dolce indugiarti d'accanto
in questo raccolto tepore.
Rintoccano trepide l'ore
siccome un lontano
rimpianto
Ripeti parole d'amore;
ma piano... ma piano...
che duri l'incanto.
Non so dove sbocchi (che importa?),
ma certo in effluvii di fiori
(non senti?) la porta.
sui vetri protesa, vermiglia,
origlia
la tacita Sera. Siam qui.
Restiamo in silenzio. Là fuori,
nessuno ci pensa così.
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