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LA POESIA NELLA MUSICA

 

 

C H A R L E S

b A u d e l a i r e

 

 

 

Tristezza della Luna


Questa sera la luna sogna più languidamente; come una
bella donna che su tanti cuscini con mano distratta e leggera
prima d'addormirsi carezza il contorno dei seni,
e sul dorso lucido di molli valanghe morente, si abbandona
a lunghi smarrimenti, girando gli occhi sulle visioni
bianche che salgono nell'azzurro come fiori in boccio.

Quando, nel suo languore ozioso, ella lascia cadere su questa
terra una lagrima furtiva, un pio poeta, odiatore del sonno,

accoglie nel cavo della mano questa pallida lagrima
dai riflessi iridati come un frammento d'opale, e la nasconde
nel suo cuore agli sguardi del sole.

 

Alla mia diletta, alla più bella
che mi colma il cuore di luce,
all'idolo immortale, al mio angelo
salute in eterno!
Come aria impregnata di sale
ella passa sulla mia vita...
e mi versa il gusto dell'eterno
nell'anima insaziata.
Spigo sempre fresco
che profuma l'atmosfera di un caro rifugio,
obliato incensiere che fuma di notte in segreto...
come, amore incorruttibile, esprimerti con verità?
Granello di muschio invisibile e sepolto nella mia eternità!
Alla più bella, alla più cara
che mi dà gioia e vigore,
all'idolo immortale, al mio angelo,
salute in eterno!

 

 

 

L'Albatro

 

Spesso, per divertirsi, gli uomini d'equipaggio
Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, indolenti compagni di vïaggio,
Il vascello che va sopra gli abissi amari.

E li hanno appena posti sul ponte della nave
Che, inetti e vergognosi, questi re dell'azzurro
Pietosamente calano le grandi ali bianche,
Come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi.

Com'è goffo e maldestro, l'alato viaggiatore!
Lui, prima così bello, com'è comico e brutto!
Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco,
L'altro, arrancando, mima l'infermo che volava!

Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell'arciere;
Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
Per le ali di gigante non riesce a camminare.

 

 

Voglia del nulla

Triste mio spirito, un tempo innamorato della lotta, la
Speranza il cui sperone attizzava i tuoi ardori, non vuole
più cavalcarti! Giaciti dunque senza pudore, vecchio cavallo
il cui zoccolo incespica a ogni ostacolo.
Rassegnati, cuor mio: dormi il tuo sonno di bruto!

Spirito vinto e stremato! Per te, vecchio predone, l'amore
ha perduto il suo gusto, e l'ha perduto la disputa; addio,
canti di ottoni e sospiri di flauto! Piaceri, desistete dal
tentare un cuore cupo e corrucciato!
L'adorabile Primavera ha perduto il suo profumo.

Il Tempo m'inghiotte minuto per minuto come fa la neve
immensa d'un corpo irrigidito io contemplo dall'alto
il globo in tutta la sua circonferenza e non vi cerco più
l'asilo d'una capanna.
Valanga, vuoi tu portarmi via nella tua caduta?


Il Vino degli Amanti

Oggi lo spazio è splendido! Senza morsi né speroni o briglie,
via, sul vino, a cavallo verso un cielo divino e incantato!

Come due angeli che tortura un rovello implacabile oh,
nel cristallo azzurro del mattino, seguire il lontano meriggio!

Mollemente cullati sull'ala del turbine cerebrale, in un
delirio parallelo,

sorella, nuotando affiancati, fuggire senza riposi né tregue
verso il paradiso dei miei sogni.

Profumo esotico

 

Se in una calda sera d'autunno, gli occhi chiusi,

respiro del tuo seno accaldato l'odore,

vedo scorrermi innanzi lunghe rive radiose

sbiancate dai bagliori d'un monotono sole:

un'isola pigra dove dà la natura

alberi strani e frutta saporose,

uomini dalle membra sottili e vigorose

e donne che hanno sguardi d'un mirabile ardire.

Guidato dal tuo odore verso climi d'incanto

vedo un porto con alberi e con vele

per la forza dei flutti ancor tremanti

e intanto un profumo di verdi tamerici

gira nell'aria e colma il mio respiro

e al canto degli equipaggi si mischia nel mio cuore.

 

 

La Musica

Spesso la musica mi porta via come fa il mare. Sotto una
volta di bruma o in un vasto etere metto vela verso
la mia pallida stella.

Petto in avanti e polmoni gonfi come vela scalo la cresta
dei flutti accavallati che la notte mi nasconde;

sento vibrare in me tutte le passioni d'un vascello che dolora,
il vento gagliardo, la tempesta e i suoi moti convulsi

sull'immenso abisso mi cullano. Altre volte, piatta bonaccia,
grande specchio della mia disperazione!
 

 

Armonia della sera

 

Ecco venire il tempo

 che vibrando sullo stelo ogni fiore svapora come un incensiere

 i suoni e i profumi volteggiano nell'aria della sera

valzer malinconico e languida vertigine.

Ogni fiore svapora come un incensiere

il violino freme come un cuore straziato

 valzer malinconico, languida vertigine!

Il cielo è triste e bello come un grande altare.

Il violino freme come un cuore straziato,

 un cuore tenero che odia il nulla vasto e nero!

Il cielo è triste e bello come un grande altare

 il sole annega nel suo sangue che si raggruma.

Un cuore tenero che odia il nulla vasto e nero

 raccoglie ogni vestigio del luminoso passato!

 Il sole s'è annegato nel suo sangue che si raggruma,

 il tuo ricordo in me riluce come un ostensorio.

 

 

 

Tramonto romantico

 

Com'è bello il sole quando tutto fresco si leva

 e ci lancia il suo buongiorno come un'esplosione!

Fortunato colui che può con amore salutare il suo tramonto, più glorioso d'un sogno!

Ricordo... Ho visto tutto, fiore, fonte, solco, crogiolarsi sotto il suo occhio palpitante...

È tardi, corriamo verso l'orizzonte per cogliere almeno un suo raggio obliquo.

Ma io inseguo invano il Dio che si ritira;

 l'irresistibile, la nera, funesta, abbrividente Notte, fonda il suo imperio;

nelle tenebre fluttua un odore di tomba

e il mio piede intimorito calpesta, sull'orlo del padule,

rospi improvvisi e fredde lumache.

 

 

 

 

 La bella nave

 

Voglio raccontarti, o molle incantatrice, le bellezze diverse che ornano la tua gioventù;

 voglio dipingere per te la tua bellezza, in cui l'infanzia s'allea alla maturità.

Quando vai spazzando l'aria con la tua larga gonna,

sembri una bella nave che prende il largo,

 carica di tele, e il suo rullìo segue un ritmo pigro, dolce e lento.

Sul tuo collo ampio e tondo

 e sulle tue spalle piene il tuo capo si pavoneggia con strane grazie,

e tu avanzi per la tua strada con aria placida e trionfante, maestosa fanciulla.

 Il tuo seno che avanza e che spinge la seta,

il tuo seno trionfante è un bell'armadio i cui pannelli curvi e luminosi

come scudi mandano lampi,

scudi provocanti, armati di punte rosa!

 Armadio dai dolci segreti, pieno di cose buone, di vini, di profumi, di liquori,

delirio di cervelli e di cuori!

Le tue nobili gambe, sotto i volani che sempre respingono,

 tormentano i desideri oscuri e li provocano,

 simili a due streghe che fanno girare un filtro nero in un vaso profondo.

Le tue braccia, che si prenderebbero gioco di ercoli precoci

sono, solidi emuli dei lucidi boa, fatte per serrare ostinatamente

 come a volerlo imprimere nel tuo cuore - il tuo amante.

 

 

 

 

 

Al lettore
 

La stoltezza, l'errore, l'avarizia, la colpa
ci occupano l'anima e il corpo ci fan guasto,
e noi ci offriamo ai nostri cari rimorsi in pasto,
come il povero sfama le zecche che lo spolpano.

Siamo incalliti reprobi e penitenti pavidi;
d'ogni nostro confiteor facciam lucro e commercio,
poi torniamo nel fango lietamente a giacerci,
speranzosi che vili lacrime ce ne lavino.

Satana Trimegisto lungamente ci culla
sul cuscino del male lo spirito stregato,
e dei nostri propositi ogni ricco carato
fa con esperte alchìmie svaporare nel nulla.

E' lui che regge i fili dei fantocci che siamo:
ci lasciamo sedurre dall'oggetto più basso,
e ogni giorno all'inferno senza orrore, d'un passo,
attraverso mefitiche tenebre discendiamo.

Come un vizioso povero succhia e copre di baci
il seno martoriato d'una vecchia sgualdrina,
noi rubiamo una gioia rapida e clandestina,
e tutta la spremiamo, come un'arancia fracida.

Compressa, innumerevole, come vermi in fermento,
ci fa baldoria in capo un'orda di Demoni,
e, quando respiriamo, la Morte nei polmoni
di nascosto dilaga con confuso lamento.

Se lo stupro e l'incendio, il pugnale e il veleno,
di vezzosi ricami non hanno ancor guarnito
dei nostri giorni il grigio miserevole ordito,
è che ogni volta, ahimè, l'animo ci vien meno!

Ma frammezzo la lonza, la pantera, la vipera,
lo sciacallo, la scimmia, l'avvoltoio, la biscia,
fra i mostri che grugniscono, latrano, urlano, strisciano
nell'infame serraglio che i nostri vizi stipa,

uno ve n'è, più laido, più maligno, più immondo,
che senza grandi gesti, senza grida di guerra,
farebbe di buon grado diroccare la terra,
e in un solo sbadiglio ingoierebbe il mondo:

il Tedio! Pregni gli occhi d'un suo pigro rovello,
egli sogna patiboli, fumando il narghilè:
tu questo molle mostro conosci al par di me.
o ipocrita lettore, mio simile, fratello!

 

 

 

Ben lontano da qui

 

Qui è la sacra capanna, qui la fanciulla riccamente ornata, tranquilla, sempre pronta

con una mano si sventaglia il seno, e, il gomito appoggiato ai cuscini,

 ascolta il pianto delle fontane:

è la stanza di Dorotea.

La brezza e l'acqua cantano di lontano,

per cullare questa bambina viziata, la loro canzone singhiozzante.

Dall'alto al basso, con cura, la sua pelle delicata è strofinata con benzoino e olii profumati.

  In un angolo si consumano fiori.

 

 

 

Elevazione

 

Volando sopra stagni sopra monti e vallate,
sopra foreste e nubi e mari senza fine,
oltre il sole oltre l’etere, e l’estremo confine
ancora sorpassando delle sfere stellate,
tu vai, spirito mio, vai con agilità
e come un nuotatore che s’inebria dell’onda
lietamente attraversi l’immensità profonda
preso da un’indicibile e forte voluttà.


Vola, vola ben oltre i fetori malsani,
purìficati in alto, nell’aria fatta tersa,
bevi, come liquore che il cielo puro versa,
il chiaro fuoco che gli spazi empie lontani.
Scrollandosi la noia e le altre grandi pene
che opprimono la vita e la fanno nebbiosa,
felice chiunque può con ala vigorosa
slanciarsi verso terre luminose e serene,
chi sente i suoi pensieri come allodole in viaggio
nel cielo del mattino in libertà volare,
chi plana sulla vita e così può ascoltare
delle tacite cose e dei fiori il linguaggio.

 

 

 

 

 

Fine del giorno

 

Sotto una tetra luce, corre, danza, si torce senza ragione, la Vita, impudente e stridula.

Così, appena all'orizzonte sale la notte voluttuosa, placando tutto, anche la fame,

 scancellando tutto, anche la vergogna, il poeta si dice:

«Finalmente!»

Come le mie vertebre il mio spirito invoca ardentemente il riposo

 con il cuore pieno di funebri sogni

mi butterò con la schiena sul letto

e mi avvolgerò nei vostri tendaggi, o tenebre di frescura!

 

 

 

Il Lete

 

Vieni sul mio cuore, anima sorda e crudele, tigra adorata, mostro dalle pose indolenti

 voglio immergere a lungo le mie dita tremanti nella massa pesante della tua criniera;

e seppellire la mia testa indolorita nelle gonne che il tuo profumo impregna,

 respirare, come un fiore passo, il dolce tanfo del mio amore defunto.

Voglio dormire, dormire, non vivere!

In un sonno dolce come la morte, sul tuo corpo levigato alla pari del rame,

deporrò i miei baci, senza rimorso.

Nulla, per inghiottire i miei singhiozzi languenti, vale l'abisso del tuo letto

l'oblìo tiene possente la tua bocca e il Lete scorre nei tuoi baci.

Al mio destino, divenuto ormai una delizia, obbedirò come un prescelto

 martire docile, condannato innocente, che con fervore attizza il suo supplizio,

succhierò, per soffocare il mio rancore, il nepente e la cicuta benefica,

 alle punte incantevoli del tuo seno eretto

 che mai ha imprigionato un cuore.

 

 

 

Il ribelle

 

Dal cielo precipita come un'aquila un Angelo,

e afferra a pugno pieno i capelli del miscredente e gli dice, scuotendolo:

«Tu devi conoscere la regola (io sono il tuo buon angelo, capisci?). Lo esigo.

Sappi che si deve amare, senza tante smorfie, il povero, il cattivo, lo storpio, l'ebete:

così tu potrai fare a Gesù, quand'egli passa, un tappeto trionfale con la tua carità.

Così è l'Amore.

 Avanti che il tuo cuore divenga indifferente, riaccendi la tua estasi alla gloria di Dio:

è questa la vera, duratura Voluttà.

E l'Angelo, castigando nella misura che ama,

tortura con le sue mani di gigante il maledetto.

Ma il dannato risponde sempre: «No, non voglio!»

 

 

 

La bellezza

 

Vieni tu dal cielo profondo o sorgi dall'abisso, Beltà?
Il tuo sguardo, infernale e divino,
versa, mischiandoli, beneficio e delitto:
per questo ti si può comparare al vino.

Riunisci nel tuo occhio il tramonto e l'aurora,
diffondi profumi come una sera di tempesta;
i tuoi baci sono un filtro, la tua bocca un'anfora,
che rendono audace il fanciullo, l'eroe vile.

Sorgi dal nero abisso o discendi dagli astri?
Il Destino incantato segue le tue gonne come un cane:
tu semini a casaccio la gioia e i disastri,
hai imperio su tutto, non rispondi di nulla.

Cammini sopra i morti, Beltà, e ridi di essi,
fra i tuoi gioielli l'Orrore non è il meno affascinante
e il Delitto, che sta fra i tuoi gingilli più cari,
sul tuo ventre orgoglioso danza amorosamente.

La farfalla abbagliata vola verso di te, o candela,
e crepita, fiammeggia e dice: "Benediciamo questa fiaccola!".
L'innamorato palpitante chinato sulla bella
sembra un morente che accarezzi la propria tomba.

Venga tu dal cielo o dall'Inferno, che importa,
o Beltà, mostro enorme, pauroso, ingenuo;
se il tuo occhio, e sorriso, se il tuo piede, aprono per me
la porta d'un Infinito adorato che non ho conosciuto?

Da Satana o da Dio, che importa?
Angelo o Sirena, che importa se tu
– fata dagli occhi vellutati, profumo, luce, mia unica regina –
fai l'universo meno orribile e questi istanti meno gravi?

 

 

 

La luna offesa

 

O Luna, che i nostri padri adoravano con discrezione,

dall'alto dei paesi azzurri ove, radioso serraglio, gli astri in lieto

corteo ti seguono, mia vecchia Cinzia, lampada delle nostre tane,

vedi gli amanti, sui loro felici giacigli, dormendo, mostrare il fresco smalto della bocca

 il poeta puntare con la fronte sulla sua opera

sotto le erbe aride accoppiarsi le vipere?

E, sotto il tuo giallo domino, vai, come un tempo, con piede furtivo, da sera a mattino,

a baciare la bellezza matura d'Endimione?

«O figlio misero d'un tempo impoverito,

 vedo tua madre che piega la greve massa dei suoi anni verso lo specchio,

imbellettando artificiosamente il seno che t'ha nutrito.»

 

 

 

La morte degli amanti

 

Avremo letti pieni di profumi leggeri, divani profondi come tombe

e sulle mensole strani fiori dischiusi per noi sotto cieli più belli.

Usando, a gara, i loro estremi ardori, i nostri cuori saranno due grandi fiaccole,

 che rifletteranno le loro doppie luci nei nostri spiriti, specchi gemelli.

Una sera di rosa e azzurro mistico ci scambieremo un unico bagliore,

simile a un lungo singhiozzo, risonante d'addii.

Più tardi, un Angelo, dischiuse le porte, verrà, gaio e fedele,

 a ravvivare gli specchi offuscati e le fiamme ormai morte.

 

 

 

L'alba spirituale

 

Quando per i libertini l'alba bianca e vermiglia si associa all'Ideale tormentoso,

 un mistero vendicatore risveglia l'angelo assopito nel bruto.

Per l'uomo tormentato che sogna ancora e che soffre,

dai Cieli spirituali l'irraggiungibile azzurro s'apre e sprofonda con l'attrattiva dell'abisso.

 Così, amata Dea, Essere luminoso e puro,

il ricordo di te, più chiaro, roseo, incantevole, ai miei occhi ingranditi

 volteggia senza posa sui relitti fumosi di stupide orge.

Il sole ha oscurato la fiamma delle candele:

e, sempre vittorioso, il suo fantasma assomiglia, anima splendente,

al sole immortale.

 

 

 

Lesbo

 

Madre di giochi latini e di voluttà greche, Lesbo,

ove, languenti o gai, caldi come soli, freschi come cocomeri, i baci,

sono l'ornamento di notti e di giorni gloriosi;

 Lesbo, madre di giochi latini e di voluttà greche,

in cui i baci somigliano le cascate che si gettano impetuosamente negli abissi infiniti,

e corrono, singhiozzando e ridendo a strappi, tempestosi e segreti, frenetici e profondi.

 Lesbo, in cui i baci somigliano le cascate,

e le Frini s'attirano l'un l'altra, e mai un sospiro restò senz'eco:

come Pafo le stelle t'ammirano, e Venere ha ben diritto

d'esser gelosa di Saffo! Lesbo, ove le Frini s'attirano l'un l'altra,

terra di notti calde e languide che, sterile voluttà,

portano dinanzi ai loro specchi fanciulle dagli occhi segnati,

innamorate dei propri corpi, a carezzarsi i frutti della verginità.

Lesbo, terra di notti calde e languide.

Lascia che il vecchio Platone aggrotti l'occhio austero,

 tu ottieni il perdono per eccesso dei tuoi baci, regina d'un dolce impero,

 terra nobile e amabile, d'inesauribili raffinatezze.

 Lascia che il vecchio Platone aggrotti l'occhio austero.

Tu trai il perdono dal tuo eterno martirio,

inferto senza requie ai cuori ambiziosi

 e che attira lungi da noi il radioso sorriso intravisto appena ai confini d'altri cieli!

Tu trai il perdono dal tuo eterno martirio!

Chi, fra gli Dei, Lesbo, oserà giudicarti e condannare la tua fronte impallidita nelle fatiche,

 se le sue bilance d'oro non avranno pesato il diluvio di lagrime

versato nel mare dai tuoi ruscelli?

Chi fra gli Dei, Lesbo, oserà giudicarti?

Che hanno a che fare con noi le leggi del giusto e dell'ingiusto?

O vergini di sublime cuore, onore dell'arcipelago, la

vostra religione è augusta come un'altra, e l'amore potrà ridere del Cielo e dell'Inferno!

 Che hanno a che fare con noi le leggi del giusto e dell'ingiusto!

Poiché Lesbo m'ha scelto fra tutti sulla terra

per cantare il segreto delle sue vergini in fiore;

io fui sin dall'infanzia

ammesso al nero mistero delle risa sfrenate miste ai cupi pianti,

 poiché Lesbo m'ha scelto fra tutti sulla terra.

 

 

 

L'uomo e il mare

 

Uomo libero, tu amerai sempre il mare!
Il mare è il tuo specchio, contempli la tua anima
nello svolgersi infinito della sua onda,
E il tuo spirito non è un abisso meno amaro.
Ti piace tuffarti nel seno della tua immagine;
L’accarezzi con gli occhi e con le braccia e il tuo cuore
Si distrae a volte dal suo battito
Al rumore di questa distesa indomita e selvaggia.
Siete entrambi tenebrosi e discreti:
Uomo, nulla ha mai sondato il fondo dei tuoi abissi,
O mare, nulla conosce le tue intime ricchezze
Tanto siete gelosi di conservare i vostri segreti!
E tuttavia ecco che da innumerevoli secoli
Vi combattete senza pietà né rimorsi,
Talmente amate la carneficina e la morte,
O eterni rivali, o fratelli implacabili!

 

Serpente che danza


Quanto mi piace, cara indolente, veder scintillare la
pelle del tuo splendido corpo come se fosse una
stoffa ondeggiante.
Sulla tua chioma profonda, dagli acri profumi, mare
odoroso e vagabondo, di flutti azzurri e bruni,
come un vascello che si sveglia al vento del mattino,
la mia anima sognante s'appresta a un cielo lontano.
I tuoi occhi, che nulla rivelano di dolce o d'amaro,
sono due gioielli in cui l'oro si unisce al ferro.
A vederti procedere ritmicamente, bella
d'abbandono, ti si direbbe un serpente che danza in cima a un bastone.


Sotto il fardello della pigrizia il tuo capo di fanciulla si
dondola con la mollezza d'un giovane elefante.
E il tuo corpo si piega e s'allunga come una bella
nave che bordeggia e tuffa nell'acqua le sue antenne.
Quale flutto ingrossato dallo sciogliersi di ghiacciai
grondanti, quando l'acqua della tua bocca risale ai tuoi denti,
mi pare di bere un vino di Boemia amaro e vittorioso,
un cielo liquido che semina di stelle il mio cuore!

 

 

 

La capelliera

 

Chioma, che al collo scorri d'onda in onda!

riccioli, profumi pesanti di languore,

estasi! Perché stasera gremiscano la buia alcova

i ricordi che dormono nella tua capelliera,

io voglio sventolarla come un fazzoletto!

L'Africa ardente, l'Asia sospirosa,

tutto un mondo lontano, assente, quasi morto

vive, foresta d'aromi, nei tuoi luoghi profondi;

e, come altri spiriti sulla musica, il mio

galleggia, amore, sopra il tuo profumo!

Là dove, colmi di linfa, alberi e uomini

si struggono nella calura in deliqui sena fine

lanciatemi, forti trecce, come sa fare l'onda!

In te, mare d'ebano, vive un fulgido sogno

di remi e vele, d'alberi e di fiamme:

porto risonante dove l'anima può

dissetarsi d'odore, di suono e di colore,

e su scivoli d'oro e seta i bastimenti

le ampie braccia spalancano alla gloria

d'un cielo puro che freme d'immortale calore.

La mia testa, che l'ebbrezza innamora, immergerò

nell'oceano che nero l'altro chiude;

e il mio spirito sottile, molcito dal rollio,

saprà ben ritrovarvi, o pigrizia feconda,

di svaghi imbalsamati dondolarsi infinito!

In voi, capelli azzurri, baldacchino di tenebre,

c'è l'immensa, celeste rotondità del cielo;

sui piumosi contorni delle ciocche ritorte

ardendo io m'inebrio d'un confuso sentore

d'olio di cocco, di muschio e di catrame.

A lungo — sempre! — nella greve criniera la mia mano

rubini spargerà e zaffiri e perle

perché al mio desiderio tu non sia mai sorda,

oasi dove sogno, borraccia dove fiuto

a lungi sorsi il vino del ricordo...

-------------------

Io t'adoro come la volta notturna,

o vaso di tristezza, grande taciturna,

e t'amo tanto piú, bella, se fuggi,

quasi sommando, o mia notturna gioia,

con ironia le leghe che separano

dal mio petto le azzurre immensità.

Vengo all'attacco, insisto su di te

come un grumo di vermi su un cadavere e t'amo,

o animale implacabile e crudele,

anche nel gelo che ti fa piú bella!

-------------------

Ti porteresti a letto il mondo intero,

o impura, o crudele per noia! A questo gioco strano

devi, per tenerli in esercizio, ogni giorno

metterti almeno un cuore sotto i denti.

Chiari come vetrine, fiammeggianti

come le luminarie d'una festa, i tuoi occhi

usano, insolenti, d'un potere non loro,

ignari della legge onde son belli.

Macchina cieca, sorda, feconda in crudeltà!

Strumento salutare, sanguisuga del mondo,

non hai vergogna, dunque, non hai visto

spegnersi in ogni specchio le tue grazie?

E la forza del male in cui ti credi esperta

non ti fa indietreggiare di spavento

quando, grande nelle ascose sue trame, la natura

si serve di te, femmina, regina dei peccati,

di te, vile animale! perché un genio abbia vita?

Sublime infamia, altezza verminosa...

 

 

 

 

MADRIGALE TRISTE

I

Che m'importa che tu sia savia. Sii bella e triste!

Le lagrime danno nuovo incanto al tuo viso, come un fiume al

paesaggio: il temporale dà vita ai fiori.

T'amo soprattutto quando la gioia fugge dalla tua fronte abbattuta:

 quando il tuo cuore naufraga nell'orrore; quando sul

tuo presente si dispiega la paurosa nube del passato;

quando dal tuo grande occhio scorre un'acqua calda come il sangue;

e malgrado la mia mano che ti culla, la tua

angoscia, con tutto il suo peso, strazia come rantolo d'agonizzante.

Aspiro, voluttà divina, inno profondo e delizioso, tutti i singhiozzi del tuo petto:

 e mi pare che il tuo cuore s'illumini

delle perle che versano i tuoi occhi!

II

So che il tuo cuore, traboccante d'antichi amori sradicati,

fiammeggia ancora come una fucina, e che tu covi in seno

qualcosa della superbia dei dannati,

ma sintanto, mia cara, che i tuoi sogni non saranno il riflesso dell'inferno,

 e che in un incubo incessante, sognando di

veleni e di spade, innamorata di polvere e di ferro,

non aprendo che con timore a tutti, vedendo ovunque sventura,

 spasimando al sonare dell'ora, non avrai sentito la stretta del Disgusto irresistibile,

non potrai, schiava regina che m'ami, con paura, dirmi,

nella torbida notte, l'anima piena di gridi:

«Eccomi, mio Signore, sono pari a te.»

 

 

 

 

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