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									SULLA MORTE 
									  
									
									
									
									
									Allora Almitra parlò dicendo: Ora vorremmo 
									chiederti 
									
									della Morte. 
									E lui disse: 
									
									
									
									Voi vorreste conoscere il segreto della 
									morte. 
									ma come potrete scoprirlo se non cercandolo 
									nel cuore della vita ? 
									Il gufo, i cui occhi notturni sono ciechi al 
									giorno, non può svelare il mistero della 
									luce. 
									Se davvero volete conoscere lo spirito della 
									morte, spalancate il vostro cuore al corpo 
									della vita, poiché la vita e la morte sono 
									una cosa sola, come una sola cosa sono il 
									fiume e il mare. 
									
									
									
									Nella profondità dei vostri desideri e 
									speranze, sta la vostra muta conoscenza di 
									ciò che è oltre la vita; 
									E come i semi sognano sotto la neve, il 
									vostro cuore sogna la primavera. 
									confidate nei sogni, poiché in essi si cela 
									la porta dell'eternità. 
									La vostra paura della morte non è che il 
									tremito del pastore davanti al re che posa 
									la mano su di lui in segno di onore. 
									In questo suo fremere, il pastore non è 
									forse pieno di gioia poiché porterà 
									l'impronta regale ? E tuttavia non è forse 
									maggiormente assillato dal suo tremito ? 
									
									
									
									Che cos'è morire, se non stare nudi nel 
									vento e disciogliersi al sole ? 
									E che cos'è emettere l'estremo respiro se 
									non liberarlo dal suo incessante fluire, 
									così che possa risorgere e spaziare libero 
									alla ricerca di Dio ? 
									
									
									
									Solo se berrete al fiume del silenzio, 
									potrete davvero cantare. 
									E quando avrete raggiunto la vetta del 
									monte, allora incomincerete a salire. 
									E quando la terra esigerà il vostro corpo, 
									allora danzerete realmente. 
									
						
						
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				SUL MANGIARE E SUL BERE 
				  
				Allora un vecchio oste disse: Parlaci del Mangiare e del Bere. 
							
							E lui disse:
							
							 Vorrei che poteste vivere della fragranza della 
							terra, e che la luce vi nutrisse in libertà come una 
							pianta. Ma poiché per mangiare uccidete, e rubate al 
							piccolo il latte materno per estinguere la sete, sia 
							allora il vostro un atto di adorazione. E sia la 
							mensa un altare su cui i puri e gli innocenti della 
							foresta e dei campi vengano sacrificati a ciò che di 
							più puro e innocente vi è nell'uomo. 
				
							
							Quando uccidete un animale, ditegli nel vostro 
							cuore: "Dallo stesso potere che ti abbatte  io 
							pure sarò colpito e distrutto, Poiché la legge che 
							ti consegna nelle mie mani consegnerà me in mani più 
							potenti. Il tuo sangue e il mio sangue non sono che 
							la linfa che nutre l'albero del cielo". 
							
							E quando addentate una mela, ditele nel vostro 
							cuore: "I tuoi semi vivranno nel mio corpo, E i tuoi 
							germogli futuri sbocceranno nel mio cuore, La loro 
							fragranza sarà il mio respiro, E insieme gioiremo in 
							tutte le stagioni". E quando in autunno 
							raccoglierete dalle vigne l'uva per il torchio, 
							direte nel vostro cuore: "Io pure sarò vigna, e per 
							il torchio sarà colto il mio frutto, E come vino 
							nuovo sarò custodito in vasi eterni". E quando 
							l'inverno mescete il vino, per ogni coppa intonate 
							un canto nel vostro cuore, E fate in modo che vi sia 
							in questo canto il ricordo dei giorni dell'autunno, 
							della vigna e del torchio.  
						
						
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				SUL BENE E MALE 
				    
				E un anziano della città disse: Parlaci del Bene e del Male.  
							
							E lui rispose: 
							
							Io posso parlare del bene che è in voi, ma non del 
							male. Poiché il cattivo non è che il buono torturato 
							dalla fame e dalla sete. In verità, quando il buono 
							è affamato cerca cibo anche in una caverna buia e 
							quando è assetato beve anche acqua morta. Siete 
							buoni quando siete in armonia con voi stessi. 
							Tuttavia, quando non siete una sola cosa con voi 
							stessi, voi non siete cattivi. Una casa divisa non è 
							un covo di ladri, è semplicemente una casa divisa. E 
							una nave senza timone può errare senza meta tra 
							isole pericolose senza fare naufragio. Siete buoni 
							nello sforzo di donare voi stessi, Tuttavia non 
							siete cattivi quando perseguite il vostro vantaggio. 
							Quando cercate di ottenere, non siete che una radice 
							avvinghiata alla terra per succhiarne il seno. 
							
							Certo, il frutto non può dire alla radice: "Sii come 
							me, maturo e pieno e sempre generoso della tua 
							abbondanza". Poiché come il frutto ha bisogno di 
							dare, così la radice ha bisogno di ricevere. Siete 
							buoni quando la vostra parola è pienamente 
							consapevole. Tuttavia non siete cattivi quando nel 
							sonno la vostra lingua vaneggia. E anche un discorso 
							confuso può rafforzare una debole lingua. Siete 
							buoni quando procedete verso la meta, decisi e con 
							passo sicuro.
							
							 Tuttavia non siete cattivi quando vagate qua e là 
							zoppicando. Anche chi zoppica procede in avanti. Ma 
							vi è agile e forte, non zoppichi davanti allo zoppo 
							stimandosi cortese. Voi siete buoni in molteplici 
							modi e non siete cattivi quando non siete buoni. 
							Siete soltanto pigri e indolenti. Purtroppo il cervo 
							non può insegnare alla tartaruga ad essere veloce. 
							Nel desiderio del gigante che è in voi risiede la 
							vostra bontà, e questo è un desiderio di tutti. In 
							alcuni è un torrente che scorre impetuoso verso il 
							mare, trascinando con sé i segreti delle colline e 
							il canto delle foreste. In altri è una corrente 
							placida che si perde in declivi e indugia prima di 
							raggiungere la sponda. 
							
							Ma chi desidera molto non dica a chi desidera poco: 
							"Perché esiti e indugi ?". Poiché, in verità, chi è 
							buono non chiede a chi è nudo: "Dov'è il tuo vestito 
							?", né a chi è senza tetto: "Cos'è accaduto alla tua 
							casa ?".   
							
						
						
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				SUL TEMPO
				
				E un astronomo 
				disse: Maestro, parlaci del Tempo.
				
				E lui rispose:
				Vorreste misurare il tempo, l'incommensurabile e l'immenso.
				Vorreste regolare il vostro comportamento e dirigere il corso 
				del vostro spirito secondo le ore e le stagioni.
				Del tempo vorreste fare un fiume per sostate presso la sua riva 
				e guardarlo fluire. Ma l'eterno che è in voi sa che la vita è 
				senza tempo
				E sa che l'oggi non è che il ricordo di ieri, e il domani il 
				sogno di oggi.
				E ciò che in voi è canto e contemplazione dimora quieto
				Entro i confini di quel primo attimo in cui le stelle furono 
				disseminate nello spazio. Chi di voi non sente che la sua forza 
				d'amore è sconfinata?
				E chi non sente che questo autentico amore, benché sconfinato, è 
				racchiuso nel centro del proprio essere,
				E non passa da pensiero d'amore a pensiero d'amore, né da atto 
				d'amore ad atto d'amore?
				E non è forse il tempo, così come l'amore, indiviso e immoto?
				
				Ma se col pensiero 
				volete misurare il tempo in stagioni, fate che ogni stagione 
				racchiuda tutte le altre,
				E che il presente abbracci il passato con il ricordo, e il 
				futuro con l'attesa.
							
						
						
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				SUL PIACERE
							 
				
				Allora un eremita, 
				che visitava la città una volta l'anno, si fece avanti e disse:
				Parlaci del Piacere.
				
				E lui rispose 
				dicendo:
							
							Il 
							piacere è un canto di libertà, Ma non è libertà.
							È la fioritura dei vostri desideri, Ma non il loro 
							frutto.
							È un abisso che esorta alla scesa, Ma non è profondo 
							né alto.
							È un uccello in gabbia che si alza in volo, Ma non è 
							lo spazio conquistato.
							Sì, francamente, il piacere è un canto di libertà.
							E io vorrei che lo intonaste in tutta pienezza
							Ma temo che a cantarlo perdereste il cuore.
				
				Alcuni giovani tra 
				voi ricercano il piacere come se fosse tutto, e vengono 
				giudicati e biasimati.
				Non vorrei né giudicarli né biasimarli.  Vorrei che 
				cercassero.
				E troveranno non solo il piacere,
				Poiché il piacere ha sette fratelli, e il minore è più bello 
				dello stesso piacere.
				Non avete udito di quell'uomo che, scavando la terra in cerca di 
				radici, scoprì un tesoro?
				
				E alcuni anziani 
				tra voi ricordano con rimpianto i piaceri, come errori compiuti 
				nell'ebbrezza.
				Ma il rimpianto è l'oscurità della mente, e non il suo castigo.
				Essi dovrebbero ricordare i loro piaceri riconoscenti come per 
				il raccolto di un'estate.
				Ma se il rimpianto li conforta, si confortino pure.
				E tra voi vi sono quelli non così giovani per cercare, né così 
				vecchi per ricordare.
				E nella paura di cercare e ricordare, essi fuggono ogni piacer 
				temendo di umiliare e offendere l'anima. Ma proprio in questo è 
				il loro piacere.
				E in tal modo scoprono tesori, sebbene scavino radici con mano 
				tremante.
				Ma ditemi, chi può offendere lo spirito?
				L'usignolo offende il silenzio della notte, o la lucciola le 
				stelle?
				E la vostra fiamma o il vostro fumo mortificano il vento?
				Pensate forse di poter turbare lo spirito come con un bastone 
				uno stagno tranquillo?
							
							
							Spesso, negandovi al piacere, non fate altro che 
							respingere il desiderio nei recessi del vostro 
							essere.
							Chissà che non vi attenda domani ciò che oggi avete 
							negato.
							Anche il vostro corpo conosce la sua ricchezza e il 
							suo legittimo bisogno, e non permette inganno.
							Il corpo è l'arpa della vostra anima,
							E sta a voi trarne musica armoniosa o confusi suoni.
				
				E ora domandatevi 
				in cuore: "Come potremo distinguere il buono dal cattivo nel 
				piacere?".
				Andate nei vostri campi e giardini, e imparerete che il piacere 
				dell'ape è raccogliere il nettare del fiore,
				E che il piacere del fiore è conceder all'ape il suo nettare.
				Poiché il fiore per l'ape è una fonte di vita,
				E l'ape per il fiore è una messaggera d'amore.
				E per l'ape e per il fiore donarsi e ricevere piacere è a un 
				tempo necessità ed estasi.
				Popolo di Orfalese, nel piacere siate come le api e come i 
				fiori.
							
						
						
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				SULLA BELLEZZA
				
				E un poeta disse: 
				Parlaci della Bellezza.
				
				E lui rispose:
				Dove cercherete e come scoprirete la bellezza,
				se essa stessa non vi è di sentiero e di guida?
				E come potrete parlarne, se non è la tessitrice del vostro 
				discorso?
				L'afflitto e l'offeso dicono: "La bellezza è nobile e 
				indulgente.
				Cammina tra noi come una giovane madre confusa dalla sua stesa 
				gloria".
				E l'appassionato dice: "No, la bellezza è temibile e possente.
				Come la tempesta, scuote la terra sotto di noi e il cielo che ci 
				sovrasta".
				
				Lo stanco e 
				l'annoiato dicono: "La bellezza è un lieve bisbiglio.
				Parla del nostro spirito.
				La sua voce cede ai nostri silenzi
				come una debole luce che trema spaurita dall'ombra".
				Ma l'inquieto dice: "Abbiamo udito il suo grido tra le montagne,
				E con questo grido ci sono giunti strepito di zoccoli,
				battiti d'ali e ruggiti di leoni".
				
				Di notte le 
				guardie della città dicono:"La bellezza sorgerà con l'alba da 
				oriente".
				E al meriggio colui che lavora e il viandante dicono:
				"L'abbiamo vista affacciarsi sulla terra dalle finestre del 
				tramonto".
				D'inverno, chi è isolato dalla neve dice:
				"Verrà con la primavera balzando di colle in colle".
				E nella calura estiva il mietitore dice:
				"L'abbiamo vista danzare con le foglie dell'autunno e con la 
				folata di neve nei capelli".
				
				Tutte queste cose 
				avete detto della bellezza,
				Tuttavia non avete parlato di lei, ma di bisogni insoddisfatti.
				E la bellezza non è un bisogno, ma un'estasi.
				Non è una bocca assetata, né una mano vuota protesa,
				Ma piuttosto un cuore bruciante e un'anima incantata.
				Non è un'immagine che vorreste vedere, né un canto che vorreste 
				udire,
				Ma piuttosto un'immagine che vedete con gli occhi chiusi,
				e un canto che udite con le orecchie serrate.
				Non è la linfa nel solco della corteccia, né l'ala congiunta 
				all'artiglio,
				Ma piuttosto un giardino perennemente in fiore
				e uno stormo d'angeli eternamente in volo.
				
				Popolo di 
				Orfalese, la bellezza è la vita,
				quando la vita disvela il suo volto sacro.
				Ma voi siete la vita e siete il velo.
				La bellezza è l'eternità che si contempla in uno specchio.
				Ma voi siete l'eternità e siete lo specchio.
							
						
						
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				SULLA CONOSCENZA
							 
				
				E un uomo 
				disse: Parlaci della Conoscenza
							
							Il 
							morso della conoscenza mastica il pensiero nel luogo 
							più oscuro dell’esistenza, ma solo i vostri cuori 
							nascondono nei loro silenzi i segreti dei giorni e 
							delle notti.
							Ma sono le vostre orecchie ad essere assetate dei 
							rumori che dormono nel cuore.
							Con quale canto vorreste esprimere le parole che 
							avete sempre pensato.
							E toccare con mano il corpo nudo dell’umano 
							pensiero.
							Ed è bene che così sia.
							Sappiate che la fonte nascosta della vostra anima 
							dovrà necessariamente effondersi e fluire mormorando 
							verso il mare.
							E il tesoro della vostra infinita profondità si 
							mostrerà ai vostri occhi.
							Ma non con la bilancia che valuterete questo 
							sconosciuto tesoro.
							E non scandaglierete con asta o sonda le profondità 
							della vostra conoscenza.
							Poiché l’essere è un mare sconfinato e 
							incommensurabile.
							
							Non 
							dite: «Ho trovato la verità», ma piuttosto, «Ho 
							trovato una verità».
							Non dite: «Ho trovato il sentiero dell’anima», ma 
							piuttosto, «Ho incontrato l’anima in cammino sul mio 
							sentiero».
							Poiché l’anima cammina su tutti i sentieri.
							L’anima non procede in linea retta, e neppure cresce 
							come una canna.
							L’anima si schiude, con un fiore di loto dagli 
							innumerevoli petali.
							
						
						
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							SULLA RAGIONE E 
							PASSIONE
							 
				
				E ancora la 
				sacerdotessa parlò e disse: Parlaci della Ragione e della 
				Passione.
				
				E lui rispose 
				dicendo:
							
							La 
							vostra anima è sovente un campo di battaglia
							 dove giudizio e ragione muovono guerra all'avidità 
							e alla passione.
							Potessi io essere il pacificatore dell'anima vostra,
							che converte rivalità e discordia in unione e 
							armonia.
							Ma come potrò, se non sarete voi stessi i 
							pacificatori,
							anzi gli amanti di ogni vostro elemento?
				
				La ragione e la 
				passione sono il timone e la vela
				di quel navigante che è l'anima vostra.
				Se il timone e la vela si spezzano,
				non potete far altro che, sbandati, andare alla deriva,
				o arrestarvi nel mezzo del mare.
				Poiché se la ragione domina da sola, è una forza che imprigiona,
				e la passione è una fiamma che, incustodita, brucia fino alla 
				sua distruzione.
				Perciò la vostra anima innalzi la ragione fino alla passione più 
				alta,
				affinché essa canti,
				E con la ragione diriga la passione, affinché questa viva in 
				quotidiana resurrezione,
				e come la fenice sorga dalle proprie ceneri.
				
				Vorrei che avidità 
				e giudizio fossero per voi come graditi ospiti nella vostra 
				casa.
				Certo non onorereste più l'uno dell'altro,
				perché se hai maggiori attenzioni per uno perdi la fiducia di 
				entrambi.
				Quando sui colli sedete alla fresca ombra dei pallidi pioppi,
				condividendo la pace e la serenità dei campi e dei prati 
				lontani,
				allora vi sussurri il cuore: "Nella ragione riposa Dio".
				E quando infuria la tempesta e il vento implacabile scuote la 
				foresta,
				e lampi e tuoni proclamano la maestà del cielo,
				allora dite nel cuore con riverente trepidazione:
				"Nella passione agisce Dio".
				E poiché siete un soffio nella sfera di Dio e una foglia nella 
				sua foresta,
				voi pure riposerete nella ragione e agirete nella passione.
						
						
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							SULLA CASA
							 
				
				Allora si fece 
				avanti un muratore e disse: Parlaci della Casa. 
				E lui rispose dicendo: 
							
							
							Costruite con l'immaginazione una capanna nel 
							deserto, prima di costruire una casa entro le mura 
							della città:  poiché come voi rincasate al 
							crepuscolo, altrettanto fa il nomade che è in voi, 
							sempre esule e solo. 
							La casa è il vostro corpo più vasto. 
							Essa si espande nel sole e dorme nella quiete della 
							notte, e non è senza sogni. Non sogna forse la 
							vostra casa ? 
							E sognando non abbandona la città per il bosco o la 
							sommità della collina ? 
							Vorrei riunire nella mia mano le vostre case, e come 
							il seminatore disperderle in prati e foreste. 
							Vorrei che le vostre strade fossero valli e verdi 
							sentieri i vostri viali, affinché potreste cercarvi 
							l'un l'altro tra le vigne e ritrovarvi con l'abito 
							odoroso di terra. 
							Ma questo non può ancora accadere. 
							La paura dei vostri antenati vi ha radunati insieme, 
							troppo vicini. E questa paura durerà ancora in voi. 
							E ancora le mura delle vostre città separeranno dai 
							campi i vostri focolari. 
							Ditemi, popolo di Orfalese, che avete in queste case 
							? 
							E che mai custodite dietro l'uscio sbarrato ? 
							Pace ? Il calmo impeto che rivela la forza ? 
							Ricordi ? L'arco di pallida luce che unisce le cime 
							della mente ? 
							Avete la bellezza che conduce il cuore dagli oggetti 
							creati nel legno e nella pietra alla montagna sacra 
							? 
							Ditemi, avete questo nelle vostre case ? 
							O avete solo benessere e l'avidità del benessere che 
							furtiva entra in casa come ospite per diventarne 
							padrona e infine sovrana ?  Si, essa vi domina, 
							e con il rampino e la frusta riduce a fantocci le 
							vostre aspirazioni più alte. 
							Benché abbia mani di seta, il suo cuore è di ferro. 
							Vi addormenta cullandovi per stare vicina al vostro 
							letto e prendersi gioco della dignità della carne.  
							Schernisce i vostri sensi integri e li depone nella 
							bambagia come fragili vasi. 
							In verità, l'avidità del benessere uccide la 
							passione dell'anima e sogghigna alle sue esequie. 
							Ma voi, figli dell'aria, insonni nel sonno, non 
							sarete ingannati né domati. 
							
							La 
							vostra casa non sarà l'ancora, ma l'albero della 
							nave. 
							Non sarà il velo lucente che ricopre la ferita, ma 
							la palpebra a difesa dell'occhio. 
							Non ripiegherete le ali per attraversare le porte, 
							non chinerete la testa per non urtare la volta, non 
							tratterrete il respiro per paura che le mura si 
							incrinino e crollino. 
							Non dimorerete in sepolcri edificati dai morti per i 
							vivi. 
							E sebbene magnifica e splendida, la vostra casa non 
							custodirà il vostro segreto né darà riparo alle 
							vostre brame. 
							
							Poiché 
							ciò che in voi è sconfinato risiede nella dimora del 
							cielo, la cui porta è bruma mattutina e le finestre 
							sono canti di quiete notturna.
							
						
						
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				SULLA LIBERTA'
							 
							
							E un 
							oratore disse: Parlaci della Libertà.
				Alle porte 
				della città e presso il focolare ho veduto voi, prostrati, 
				adorare la vostra libertà così come gli schiavi si piegano in 
				lodi davanti al tiranno che li uccide. 
				Sì, nel bosco del tempio e all’ombra della rocca ho visto che 
				per il più libero di voi la libertà non era che schiavitù e 
				oppressione.
				E in me stesso il cuore ha sanguinato, poiché voi sarete liberi 
				solo quando lo stesso desiderio di ricercare la libertà 
				diventerà una pratica per voi e finirete di chiamarla un fine e 
				un compimento.
				In verità sarete liberi solo quando i vostri giorni saranno 
				privi di pena e le vostri notti senza angoscia e senza esigenze.
				Quando di queste cose sarà circondata la vostra vita, allora vi 
				innalzerete al di sopra di esse nudi e senza vincoli.
				E come elevarvi oltre i giorni e le notti senza spezzare le 
				catene che all’alba della vostra conoscenza hanno imprigionato 
				l’ora del meriggio?
				Quella che voi chiamate libertà è la più resistente di queste 
				catene, benché i suoi anelli vi abbaglino scintillando al sole.
				E cos’è mai se non parte di voi stessi ciò che vorreste 
				respingere per essere liberi? 
				È ingiusta la legge che vorreste abolire, ma è la stessa che la 
				vostra mano vi ha scritto sulla fronte.
				Non si può cancellarla bruciano i libri di diritto neppure 
				nettando la fronte dei vostri giudici, neanche riversandovi 
				sopra tutta l’acqua del mare.
							
							Se è un despota colui che volete detronizzare, 
							badate prima che il trono eretto dentro di voi sia 
							stato già distrutto.
							Come può governare un tiranno uomini liberi e fieri, 
							se non per una tirannia e un difetto della loro 
							stessa libertà e del loro orgoglio?
							E se volete allontanare un affanno, ricordate che 
							quell’affanno non vi è stato imposto, ma voi l’avete 
							scelto.
							E se volete dissipare un timore, cercatelo dentro di 
							voi e non nella mano di colui che questo timore 
							incute.
							
							La prova lampante di ciò è che, tutto ciò che 
							desiderate e temete, che vi ripugna e vi blandisce, 
							ciò che perseguitate e ciò che vorreste sfuggire, 
							ognuna di queste cose si muove dentro il vostro 
							essere in un durevole e incompiuto abbraccio.
							Come luci e ombre strettamente legate, ogni cosa si 
							agita in voi.
							E quando un’ombra svanisce, la luce che indugia 
							diventa ombra per un’altra luce.
							E così quando la vostra libertà getta le catene 
							diventa essa stessa la catena di una libertà più 
							grande.
							
						
						
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				SUL DARE
							 
				Allora un 
				uomo ricco disse: Parlaci del Dare. 
				E lui rispose: 
							 
							Date poca cosa se date le vostre ricchezze. 
							E' quando date voi stessi che date veramente. 
							Che cosa sono le vostre ricchezze se non ciò che 
							custodite e nascondete nel timore del domani ? 
							E domani, che cosa porterà il domani al cane troppo 
							previdente che sotterra l'osso nella sabbia senza 
							traccia, mentre segue i pellegrini alla città santa 
							? 
							E che cos'è la paura del bisogno se non bisogno esso 
							stesso ?
				
							Non è forse sete insaziabile il terrore della sete 
							quando il pozzo è colmo ? 
							Vi sono quelli che danno poco del molto che 
							possiedono, e per avere riconoscimento, e questo 
							segreto desiderio contamina il loro dono. 
							E vi sono quelli che danno tutto il poco che hanno. 
							Essi hanno fede nella vita e nella sua munificenza, 
							e la loro borsa non è mai vuota. 
							Vi sono quelli che danno con gioia e questa è la 
							loro ricompensa. 
							Vi sono quelli che danno con rimpianto e questo 
							rimpianto è il loro sacramento. 
							E vi sono quelli che danno senza rimpianto né gioia 
							e senza curarsi del merito. 
							Essi sono come il mirto che laggiù nella valle 
							effonde nell'aria la sua fragranza. 
							
							Attraverso le loro mani Dio parla, e attraverso i 
							loro occhi sorride alla terra. 
							E' bene dare quando ci chiedono, ma meglio è 
							comprendere e dare quando niente ci viene chiesto. 
							Per chi è generoso, cercare il povero è gioia più 
							grande che dare. 
							E quale ricchezza vorreste serbare ? 
							Tutto quanto possedete un giorno sarà dato. 
							Perciò date adesso, affinché la stagione dei doni 
							possa essere vostra e non dei vostri eredi. 
							Spesso dite: "Vorrei dare ma solo ai meritevoli". 
							Le piante del vostro frutteto non si esprimono così 
							né le greggi del vostro pascolo. 
							Esse danno per vivere, perché serbare è perire. 
							Chi è degno di ricevere i giorni e le notti, è certo 
							degno di ricevere ogni cosa da voi. 
							Chi merita di bere all'oceano della vita, può 
							riempire la sua coppa al vostro piccolo ruscello. 
							E quale merito  sarà grande  quanto la 
							fiducia, il coraggio,  anzi la carità  che 
							sta nel  ricevere ? 
							E chi siete voi perché gli uomini vi mostrino il 
							cuore, e tolgano il velo al proprio orgoglio così 
							che possiate vedere il loro nudo valore e la loro 
							imperturbata fierezza ? 
							Siate prima  voi stessi  degni  di 
							essere colui che da  e allo stesso  tempo  
							uno strumento  del dare. 
							Poiché in verità è la vita che da alla vita, mentre 
							voi, che vi stimate donatori, non siete che 
							testimoni. 
							E voi che ricevete - e tutti ricevete - non 
							permettete che il peso della gratitudine imponga un 
							giogo a voi e a chi vi ha dato. 
							Piuttosto i suoi doni siano le ali su cui volerete 
							insieme. 
							Poiché preoccuparsi troppo del debito è dubitare 
							della sua generosità che ha come madre la terra 
							feconda, e Dio come padre.
						
						
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							SUL LAVORO
							 
				Allora un 
				contadino disse: Parlaci del Lavoro. 
				E lui rispose dicendo: 
							
							Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e 
							l'anima della terra. 
							Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire 
							dal corso della vita, che avanza in solenne e fiera 
							sottomissione verso l'infinito. 
							Quando lavorate siete un flauto attraverso il quale 
							il sussurro del tempo si trasforma in musica.  
							Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e 
							muta quando tutte le altre cantano all'unisono ? 
							Sempre vi è stato detto che il lavoro è una 
							maledizione e la fatica una sventura. 
							
							Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte 
							del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in 
							sorte quando il sogno stesso ebbe origine. 
							Vivendo delle vostre fatiche, voi amate in verità la 
							vita. 
							E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne 
							il segreto più profondo. 
							Ma se nella vostra pena voi dite che nascere è 
							dolore e il peso della carne una maledizione scritta 
							sulla fronte, allora vi rispondo : tranne il sudore 
							della fronte niente laverà ciò che vi è stato 
							scritto. 
							Vi è stato detto che la vita è tenebre e nella 
							vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato 
							detto dagli esausti. 
							E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché 
							quando è slancio, 
							E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere, 
							E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro, 
							E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore; 
							E quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo 
							con voi stessi, con gli altri e con Dio. 
							E cos'è lavorare con amore ? 
							E' tessere un abito con i fili del cuore, come se 
							dovesse indossarlo il vostro amato. 
							E' costruire una casa con dedizione come se dovesse 
							abitarla il vostro amato. 
							E' spargere teneramente i semi e mietere il raccolto 
							con gioia, come se dovesse goderne il frutto il 
							vostro amato. 
							E' diffondere in tutto ciò che fate il soffio del 
							vostro spirito, 
							E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili 
							intorno a voi.
				
							
							Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno: 
							"Chi lavora il marmo e scopre la propria anima 
							configurata nella pietra, è più nobile di chi ara la 
							terra. 
							E chi afferra l'arcobaleno e lo stende sulla tela in 
							immagine umana, è più di chi fabbrica sandali per i 
							nostri piedi". 
							Ma io vi dico, non nel sonno ma nel vigile e pieno 
							mezzogiorno, il vento parla dolcemente alla quercia 
							gigante come al più piccolo filo d'erba; 
							E che è grande soltanto chi trasforma la voce del 
							vento in un canto reso più dolce dal proprio amore. 
							Il lavoro è amore rivelato. 
							
							E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con 
							disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla 
							porta del tempio, accettare l'elemosina di chi 
							lavora con gioia. 
							Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi 
							cuocete un pane amaro, che non potrà sfamare l'uomo 
							del tutto. 
							E se spremete l'uva controvoglia, la vostra 
							riluttanza distillerà veleno nel vino. 
							E anche se cantate come angeli, ma non amate il 
							canto, renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e 
							della notte.
						
						
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				SULL'INSEGNAMENTO
				
							 
				E un 
				maestro disse: Parlaci dell'Insegnamento.
							
							 E lui disse:
							
							 Nessuno può insegnarvi nulla se non ciò che già 
							sonnecchia nell'albeggiare della vostra conoscenza. 
							Il maestro che cammina all'ombra del tempio tra i 
							discepoli non elargisce la sua sapienza, ma 
							piuttosto la sua fede e il suo amore. E se davvero è 
							saggio, non vi invita ad entrare nella dimora del 
							suo sapere, ma vi guida alla soglia della vostra 
							mente.
							
							L'astronomo può dirvi ciò che sa degli spazi, ma non 
							può darvi la sua conoscenza. 
							
							Il musico può cantarvi la melodia che è nell'aria, 
							ma non può darvi l'orecchio che fissa il ritmo, né 
							l'eco che rimanda il suono. E colui che è esperto 
							nella scienza dei numeri può descrivervi il mondo 
							del peso e della misura, ma oltre non può condurvi. 
							
							Poiché la visione di un uomo non presta le proprie 
							ali a un altro uomo. E così come ognuno è solo nella 
							conoscenza di Dio, ugualmente deve in solitudine 
							conoscere Dio e comprendere la terra. 
						
						
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				IL COMMIATO
							 
				  E 
				così si fece sera. e Almitra, l'indovina, disse: 
							
							Sia 
							benedetto questo giorno e questo luogo e il tuo 
							spirito che ha parlato. E lui rispose: Ero io a 
							parlare ? Non sono stato io stesso un uditore ? 
							Quindi scese i gradini del tempio e tutto il popolo 
							lo seguì. Lui raggiunse la sua nave e restò in piedi 
							sul ponte. E ancora rivolto al popolo levò alta la 
							voce e disse: Popolo di Orfalese, il vento mi 
							comanda di lasciarvi. Io sono meno impaziente del 
							vento, tuttavia devo andare. Per noi, viandanti 
							eternamente alla ricerca della via più solitaria, 
							non inizia il giorno dove un altro giorno finisce, e 
							nessuna aurora ci trova dove ci ha lasciato al 
							tramonto. Anche quando dorme la terra, noi 
							procediamo nel viaggio. Siamo i semi della tenace 
							pianta, ed è nella nostra maturità e pienezza di 
							cuore che veniamo consegnati al vento e dispersi. 
							Brevi furono i miei giorni tra voi, e ancor più 
							brevi le parole che ho detto. Ma se la mia voce si 
							affievolirà nel vostro orecchio e il mio amore 
							svanirà nella vostra memoria, allora io tornerò. E 
							con cuore più ricco e labbra più docili allo 
							spirito, parlerò con voi. Sì, tornerò con la marea, 
							E se anche la morte mi celasse e mi avvolgesse il 
							silenzio più profondo, ancora cercherò il vostro 
							ascolto. E non cercherò invano. Se ciò che ho detto 
							è verità, questa verità dovrà rivelarsi in una voce 
							più chiara e in parole più somiglianti ai vostri 
							pensieri.
							
							 Io 
							vado col vento, popolo di Orfalese, ma non verso il  
							nulla. E se questo giorno non  è compimento 
							delle vostre attese né del mio amore, sia allora 
							promessa per un altro giorno. I bisogni dell'uomo 
							mutano, ma non  il suo amore né il desiderio 
							che sia l'amore a placarli. Sappiate dunque che io 
							tornerò dal silenzio più grande. La nebbia che 
							all'alba si dissolve e lascia sui campi solo 
							rugiada, si alzerà per raccogliersi in nube e 
							ricadere sotto forma di pioggia. E io fui come 
							nebbia. Nella quiete della notte ho camminato per le 
							vostre strade e il mio spirito è entrato nelle 
							vostre case, I palpiti del vostro cuore erano nel 
							mio cuore e sul mio volto soffiava il vostro 
							respiro, e vi ho conosciuti tutti. Sì, ho conosciuto 
							la vostra gioia e il vostro dolore e, nel sonno, i 
							vostri sogni erano i miei sogni. Tra voi sovente 
							sono stato un lago circondato da montagne. In me si 
							sono rispecchiate le vostre vette e i curvi pendii, 
							e anche il lento sfilare delle greggi dei vostri 
							pensieri e passioni. E al mio silenzio è giunto come 
							a ruscelli il riso dei vostri bambini e a fiumi 
							l'ardente desiderio dei vostri giovani. E raggiunta 
							la mia profondità, ruscelli e fiumi non avevano 
							ancora smesso il canto. Ma qualcosa di più dolce del 
							riso e più grande del desiderio è giunto sino a me. 
							L'infinito in voi;  
							
							L'uomo 
							immenso del quale non siete altro che cellule e 
							nervi; Nel cui cantico ogni vostra voce non è che un 
							muto singhiozzo. E' nell'uomo immenso che voi siete 
							immensi, Ed è nel guardarlo che vi ho guardato e 
							amato. Poiché a quali distanze, al di là di questa 
							immensa sfera, può giungere l'amore ? Quali visioni, 
							quali attese e quali speranze si eleveranno oltre 
							quel volo ? Come una quercia gigantesca in piena 
							fioritura è l'uomo immenso in voi. La sua forza vi 
							lega alla terra, la sua fragranza vi solleva 
							nell'aria, e nel suo perdurare voi siete immortali. 
							Vi è stato detto che voi, simili a una catena, siete 
							deboli quanto il vostro anello più debole. Questa 
							non è che una mezza verità. Voi siete anche forti 
							come il vostro anello più forte. Misurarvi dalla 
							vostra azione più meschina è come calcolare la 
							potenza dell'oceano dalla fragilità della sua 
							schiuma. Giudicarvi dai vostri errori è accusare le 
							stagioni per la loro incostanza. Sì, voi siete come 
							l'oceano, E sebbene le navi, pesanti di carichi, 
							attendano la marea sulle vostre rive, voi, come 
							l'oceano, non la potete affrettare.
							
							 E 
							inoltre siete come le stagioni, E benché nel vostro 
							inverno neghiate la vostra primavera, La primavera 
							che è in voi sorride intatta e assopita. Non 
							pensiate che io vi parli così affinché vi diciate 
							l'un l'altro: "Ci ha ben lodato. In noi non ha visto 
							che il buono". Io vi ho solo tradotto in parole ciò 
							che voi stesse conoscete in pensiero. E che cos'è la 
							parola se non l'ombra di una conoscenza inespressa ? 
							I vostri pensieri e le mie parole sono le onde di 
							una memoria sigillata che conserva la traccia del 
							nostro passato, E dei remoti giorni in cui la terra 
							non conosceva noi né sé stessa, E delle notti in cui 
							era preda del caos. Uomini savi sono venuti per 
							darvi la loro saggezza. Io sono venuto per 
							attingerla da voi. E ho trovato quanto è più grande 
							della saggezza: La fiamma dello spirito in voi che 
							si alimenta di sé stessa, Mentre voi, noncuranti del 
							suo espandersi, piangete l'inaridire dei giorni. E 
							ho trovato la vita che cerca la vita in corpi che 
							temono la tomba. Qui non ci sono tombe. Queste 
							montagne e queste pianure sono una culla e una 
							pietra per il guado. 
							
							Quando 
							passate per il campo dopo aver sepolto i vostri avi, 
							guardatevi intorno e vedrete voi stessi con i vostri 
							figli danzare mano nella mano.
							
							 In 
							verità, spesso fate festa senza saperlo. Altri 
							uomini vennero a blandire la vostra fede con dorate 
							promesse e voi a loro rendeste ricchezze e potenza e 
							gloria. Io vi ho dato meno di una promessa, eppure 
							siete stati con me più generosi: Mi avete dato la 
							più profonda sete di vita futura. Certo non vi è 
							dono più grande per un uomo di ciò che muta ogni 
							proposito in labbra ardenti e tutta la vita in una 
							fonte. E in questo sta il mio onore e la mia 
							ricompensa: Vengo a bere a una fonte e trovo l'acqua 
							viva essa stessa assetata; E mentre io bevo l'acqua 
							mi beve. Qualcuno tra voi mi ha stimato superbo e 
							troppo schivo per ricevere doni. In verità sono 
							troppo superbo per accettare compensi, ma non doni. 
							E sebbene abbia mangiato bacche sulle colline quando 
							mi avreste invitato alla vostra mensa, E dormito 
							sotto il portico del tempio quando mi avreste dato 
							asilo con gioia, Non è stata forse la vostra 
							amorevole preoccupazione per i miei giorni e le mie 
							notti a rendere il cibo dolce alla mia bocca e a 
							circondare il mio sonno di visioni ?  
							
							   
							Per tutto questo io vi benedico ancora. Voi date 
							molto e lo ignorate: In verità la bontà che si 
							ammira allo specchio si tramuta in pietra, E una 
							buona azione che si compiace di sé stessa genera una 
							maledizione. E alcuni di voi mi hanno giudicato 
							distante ed ebbro della mia solitudine, E hanno 
							detto, "Lui tiene consiglio con gli alberi della 
							foresta, ma non con gli uomini. Siede solitario 
							sulle cime dei monti e guarda dall'alto la nostra 
							città". E' vero, ho scalato montagne e ho camminato 
							in luoghi remoti. Ma come avrei potuto vedervi se 
							non da una grande altitudine o da una grande 
							distanza ? In verità, come si può essere vicini se 
							non si conosce la lontananza ? E altri tra voi si 
							sono tacitamente rivolti a me pronunziando queste 
							parole: "Straniero, straniero, amante di 
							irraggiungibili altezze, perché vivi sulle cime dove 
							le aquile costruiscono il loro nido ? Perché cerchi 
							l'impossibile ? Quali tempeste vorresti carpire ? E 
							quali uccelli chimerici insegui nel cielo ? Vieni, e 
							sii uno di noi. Scendi, placa la tua fame col nostro 
							pane e spegni la tua sete col nostro vino".
							
							 Nella 
							solitudine dell'anima questo hanno detto;
							
							 Ma se 
							la loro solitudine fosse stata più profonda 
							avrebbero capito che ricercavo soltanto il segreto 
							della vostra gioia e della vostra pena, E che 
							inseguivo soltanto la vostra essenza più vasta che 
							si libra nel cielo. Ma il cacciatore è stato anche 
							la preda; Molte frecce hanno lasciato il mio arco 
							solo per mirare al mio petto. E il volatile è stato 
							anche il rettile; Quando le mie ali si dispiegavano 
							al sole, la loro ombra sulla terra era una 
							tartaruga. E io, il credente, sono stato anche lo 
							scettico, Poiché sovente ho messo il dito nella mia 
							stessa piaga, per avere di voi la conoscenza e la 
							fede più profonde. Ed è con questa fede e questa 
							conoscenza che io dico, Voi non siete rinchiusi nel 
							vostro corpo, né confinati nelle case o nei campi. 
							Ciò che voi siete ha la sua dimora tra le montagne 
							ed erra nel vento. E non è qualcosa che striscia al 
							sole per scaldarsi o scava buche nel buio per 
							trovare rifugio. Ma qualcosa di libero, uno spirito 
							che avvolge la terra e muove nell'etere. Se queste 
							sono parole vaghe, non cercate di chiarirle. Vago e 
							nebuloso è l'inizio di ogni cosa, ma non la sua 
							fine. 
							
							E 
							vorrei che mi ricordaste come un inizio. La vita, e 
							tutto ciò che vive, è concepito nella nebbia e non 
							nel cristallo. E chissà se il cristallo non è la 
							nebbia che si dilegua ? Nel ricordarmi, non 
							scordatevi di questo: Ciò che in voi sembra più 
							fragile e confuso, è invece più forte e determinato. 
							Non è forse il respiro che ha eretto e temprato la 
							vostra struttura ? E non è forse un sogno che 
							nessuno di voi ricorda di aver sognato, ciò che ha 
							edificato la vostra città e modellato ogni cosa in 
							essa ? Se solo poteste vedere il flusso di questo 
							respiro, non vorreste vedere nient'altro. E se solo 
							poteste udire il sussurro di questo sogno, non 
							vorreste ascoltare suono diverso. Ma voi non vedete 
							né udite, e questo è bene. Il velo che offusca i 
							vostri occhi sarà sollevato dalla mano che lo ha 
							tessuto, E la creta che ostruisce le vostre orecchie 
							sarà rimossa dalle dita che l'hanno impastata. E voi 
							vedrete. E voi udirete. Ma non rimpiangerete di aver 
							conosciuto la cecità, né di essere stati sordi. 
							Poiché in quel giorno conoscerete il fine nascosto. 
							E benedirete l'oscurità come avreste benedetto la 
							luce. 
							
							Dette 
							queste cose si guardò intorno e vide il timoniere in 
							piedi vicino alla sbarra scrutare ora le vele gonfie 
							ora l'orizzonte. 
							
							E 
							disse: Paziente, troppo paziente è il capitano della 
							mia nave. Il vento soffia e le vele sono inquiete; 
							Anche il timone implora la sua rotta; Tuttavia il 
							mio capitano ha atteso con calma il mio silenzio. E 
							questi miei marinai, che già udivano il coro del 
							mare aperto, hanno saputo ascoltarmi pazienti. Non 
							aspetteranno più a lungo. Sono pronto. Il fiume ha 
							raggiunto il mare, e ancora una volta la grande 
							madre accoglie il figlio nel suo grembo. Addio, 
							popolo d'Orfalese. Questo giorno è finito. Si chiude 
							su di noi come il giglio acquatico sul suo domani. 
							Serberemo quello che qui ci è stato donato, E se non 
							sarà sufficiente, ci ricongiungeremo per tendere 
							ancora le mani verso colui che dà. Tornerò a voi, 
							non dimenticatemi. Sarà tra breve, e il mio anelito 
							raccoglierà polvere e saliva per un altro corpo. 
							Sarà tra breve, un attimo di calma nel vento e 
							un'altra donna mi partorirà. Addio a voi e alla 
							giovinezza trascorsa con voi. Appena ieri ci 
							incontrammo. Voi avete cantato per me nella mia 
							solitudine e io ho costruito una torre nel cielo con 
							i vostri desideri. 
							
							Ma ora 
							il nostro sogno è finito, è volato via il sonno e 
							non è più l'alba. Il mattino volge al termine, il 
							nostro dormiveglia si è trasformato nella pienezza 
							del giorno, e dobbiamo separarci. Se ancora una 
							volta ci incontreremo nel crepuscolo della memoria, 
							parleremo nuovamente insieme, e il canto che voi 
							intonerete sarà allora più profondo. E se le nostre 
							mani si toccheranno in un altro sogno, costruiremo 
							un'altra torre nel cielo. 
							
							Così 
							dicendo fece un segnale ai marinai e subito essi 
							levarono le ancore e, liberata la nave dagli 
							ormeggi, salparono verso oriente. E un grido venne 
							dal popolo come da un solo cuore, salì nel 
							crepuscolo e dal mare fu portato lontano come uno 
							squillo di tromba. 
							
							Solo 
							Almitra rimase in silenzio fissando la nave fino a 
							che scomparve nella foschia. E quando tutto il 
							popolo si disperse lei restò sola sul molo mentre 
							nel suo cuore riaffioravano le parole: 
							"Sarà 
							tra breve, un attimo di calma nel vento, e un'altra 
							donna mi partorirà"