SULLA MORTE
Allora Almitra parlò dicendo: Ora vorremmo
chiederti
della Morte.
E lui disse:
Voi vorreste conoscere il segreto della
morte.
ma come potrete scoprirlo se non cercandolo
nel cuore della vita ?
Il gufo, i cui occhi notturni sono ciechi al
giorno, non può svelare il mistero della
luce.
Se davvero volete conoscere lo spirito della
morte, spalancate il vostro cuore al corpo
della vita, poiché la vita e la morte sono
una cosa sola, come una sola cosa sono il
fiume e il mare.
Nella profondità dei vostri desideri e
speranze, sta la vostra muta conoscenza di
ciò che è oltre la vita;
E come i semi sognano sotto la neve, il
vostro cuore sogna la primavera.
confidate nei sogni, poiché in essi si cela
la porta dell'eternità.
La vostra paura della morte non è che il
tremito del pastore davanti al re che posa
la mano su di lui in segno di onore.
In questo suo fremere, il pastore non è
forse pieno di gioia poiché porterà
l'impronta regale ? E tuttavia non è forse
maggiormente assillato dal suo tremito ?
Che cos'è morire, se non stare nudi nel
vento e disciogliersi al sole ?
E che cos'è emettere l'estremo respiro se
non liberarlo dal suo incessante fluire,
così che possa risorgere e spaziare libero
alla ricerca di Dio ?
Solo se berrete al fiume del silenzio,
potrete davvero cantare.
E quando avrete raggiunto la vetta del
monte, allora incomincerete a salire.
E quando la terra esigerà il vostro corpo,
allora danzerete realmente.
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SUL MANGIARE E SUL BERE
Allora un vecchio oste disse: Parlaci del Mangiare e del Bere.
E lui disse:
Vorrei che poteste vivere della fragranza della
terra, e che la luce vi nutrisse in libertà come una
pianta. Ma poiché per mangiare uccidete, e rubate al
piccolo il latte materno per estinguere la sete, sia
allora il vostro un atto di adorazione. E sia la
mensa un altare su cui i puri e gli innocenti della
foresta e dei campi vengano sacrificati a ciò che di
più puro e innocente vi è nell'uomo.
Quando uccidete un animale, ditegli nel vostro
cuore: "Dallo stesso potere che ti abbatte io
pure sarò colpito e distrutto, Poiché la legge che
ti consegna nelle mie mani consegnerà me in mani più
potenti. Il tuo sangue e il mio sangue non sono che
la linfa che nutre l'albero del cielo".
E quando addentate una mela, ditele nel vostro
cuore: "I tuoi semi vivranno nel mio corpo, E i tuoi
germogli futuri sbocceranno nel mio cuore, La loro
fragranza sarà il mio respiro, E insieme gioiremo in
tutte le stagioni". E quando in autunno
raccoglierete dalle vigne l'uva per il torchio,
direte nel vostro cuore: "Io pure sarò vigna, e per
il torchio sarà colto il mio frutto, E come vino
nuovo sarò custodito in vasi eterni". E quando
l'inverno mescete il vino, per ogni coppa intonate
un canto nel vostro cuore, E fate in modo che vi sia
in questo canto il ricordo dei giorni dell'autunno,
della vigna e del torchio.
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SUL BENE E MALE
E un anziano della città disse: Parlaci del Bene e del Male.
E lui rispose:
Io posso parlare del bene che è in voi, ma non del
male. Poiché il cattivo non è che il buono torturato
dalla fame e dalla sete. In verità, quando il buono
è affamato cerca cibo anche in una caverna buia e
quando è assetato beve anche acqua morta. Siete
buoni quando siete in armonia con voi stessi.
Tuttavia, quando non siete una sola cosa con voi
stessi, voi non siete cattivi. Una casa divisa non è
un covo di ladri, è semplicemente una casa divisa. E
una nave senza timone può errare senza meta tra
isole pericolose senza fare naufragio. Siete buoni
nello sforzo di donare voi stessi, Tuttavia non
siete cattivi quando perseguite il vostro vantaggio.
Quando cercate di ottenere, non siete che una radice
avvinghiata alla terra per succhiarne il seno.
Certo, il frutto non può dire alla radice: "Sii come
me, maturo e pieno e sempre generoso della tua
abbondanza". Poiché come il frutto ha bisogno di
dare, così la radice ha bisogno di ricevere. Siete
buoni quando la vostra parola è pienamente
consapevole. Tuttavia non siete cattivi quando nel
sonno la vostra lingua vaneggia. E anche un discorso
confuso può rafforzare una debole lingua. Siete
buoni quando procedete verso la meta, decisi e con
passo sicuro.
Tuttavia non siete cattivi quando vagate qua e là
zoppicando. Anche chi zoppica procede in avanti. Ma
vi è agile e forte, non zoppichi davanti allo zoppo
stimandosi cortese. Voi siete buoni in molteplici
modi e non siete cattivi quando non siete buoni.
Siete soltanto pigri e indolenti. Purtroppo il cervo
non può insegnare alla tartaruga ad essere veloce.
Nel desiderio del gigante che è in voi risiede la
vostra bontà, e questo è un desiderio di tutti. In
alcuni è un torrente che scorre impetuoso verso il
mare, trascinando con sé i segreti delle colline e
il canto delle foreste. In altri è una corrente
placida che si perde in declivi e indugia prima di
raggiungere la sponda.
Ma chi desidera molto non dica a chi desidera poco:
"Perché esiti e indugi ?". Poiché, in verità, chi è
buono non chiede a chi è nudo: "Dov'è il tuo vestito
?", né a chi è senza tetto: "Cos'è accaduto alla tua
casa ?".
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SUL TEMPO
E un astronomo
disse: Maestro, parlaci del Tempo.
E lui rispose:
Vorreste misurare il tempo, l'incommensurabile e l'immenso.
Vorreste regolare il vostro comportamento e dirigere il corso
del vostro spirito secondo le ore e le stagioni.
Del tempo vorreste fare un fiume per sostate presso la sua riva
e guardarlo fluire. Ma l'eterno che è in voi sa che la vita è
senza tempo
E sa che l'oggi non è che il ricordo di ieri, e il domani il
sogno di oggi.
E ciò che in voi è canto e contemplazione dimora quieto
Entro i confini di quel primo attimo in cui le stelle furono
disseminate nello spazio. Chi di voi non sente che la sua forza
d'amore è sconfinata?
E chi non sente che questo autentico amore, benché sconfinato, è
racchiuso nel centro del proprio essere,
E non passa da pensiero d'amore a pensiero d'amore, né da atto
d'amore ad atto d'amore?
E non è forse il tempo, così come l'amore, indiviso e immoto?
Ma se col pensiero
volete misurare il tempo in stagioni, fate che ogni stagione
racchiuda tutte le altre,
E che il presente abbracci il passato con il ricordo, e il
futuro con l'attesa.
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SUL PIACERE
Allora un eremita,
che visitava la città una volta l'anno, si fece avanti e disse:
Parlaci del Piacere.
E lui rispose
dicendo:
Il
piacere è un canto di libertà, Ma non è libertà.
È la fioritura dei vostri desideri, Ma non il loro
frutto.
È un abisso che esorta alla scesa, Ma non è profondo
né alto.
È un uccello in gabbia che si alza in volo, Ma non è
lo spazio conquistato.
Sì, francamente, il piacere è un canto di libertà.
E io vorrei che lo intonaste in tutta pienezza
Ma temo che a cantarlo perdereste il cuore.
Alcuni giovani tra
voi ricercano il piacere come se fosse tutto, e vengono
giudicati e biasimati.
Non vorrei né giudicarli né biasimarli. Vorrei che
cercassero.
E troveranno non solo il piacere,
Poiché il piacere ha sette fratelli, e il minore è più bello
dello stesso piacere.
Non avete udito di quell'uomo che, scavando la terra in cerca di
radici, scoprì un tesoro?
E alcuni anziani
tra voi ricordano con rimpianto i piaceri, come errori compiuti
nell'ebbrezza.
Ma il rimpianto è l'oscurità della mente, e non il suo castigo.
Essi dovrebbero ricordare i loro piaceri riconoscenti come per
il raccolto di un'estate.
Ma se il rimpianto li conforta, si confortino pure.
E tra voi vi sono quelli non così giovani per cercare, né così
vecchi per ricordare.
E nella paura di cercare e ricordare, essi fuggono ogni piacer
temendo di umiliare e offendere l'anima. Ma proprio in questo è
il loro piacere.
E in tal modo scoprono tesori, sebbene scavino radici con mano
tremante.
Ma ditemi, chi può offendere lo spirito?
L'usignolo offende il silenzio della notte, o la lucciola le
stelle?
E la vostra fiamma o il vostro fumo mortificano il vento?
Pensate forse di poter turbare lo spirito come con un bastone
uno stagno tranquillo?
Spesso, negandovi al piacere, non fate altro che
respingere il desiderio nei recessi del vostro
essere.
Chissà che non vi attenda domani ciò che oggi avete
negato.
Anche il vostro corpo conosce la sua ricchezza e il
suo legittimo bisogno, e non permette inganno.
Il corpo è l'arpa della vostra anima,
E sta a voi trarne musica armoniosa o confusi suoni.
E ora domandatevi
in cuore: "Come potremo distinguere il buono dal cattivo nel
piacere?".
Andate nei vostri campi e giardini, e imparerete che il piacere
dell'ape è raccogliere il nettare del fiore,
E che il piacere del fiore è conceder all'ape il suo nettare.
Poiché il fiore per l'ape è una fonte di vita,
E l'ape per il fiore è una messaggera d'amore.
E per l'ape e per il fiore donarsi e ricevere piacere è a un
tempo necessità ed estasi.
Popolo di Orfalese, nel piacere siate come le api e come i
fiori.
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SULLA BELLEZZA
E un poeta disse:
Parlaci della Bellezza.
E lui rispose:
Dove cercherete e come scoprirete la bellezza,
se essa stessa non vi è di sentiero e di guida?
E come potrete parlarne, se non è la tessitrice del vostro
discorso?
L'afflitto e l'offeso dicono: "La bellezza è nobile e
indulgente.
Cammina tra noi come una giovane madre confusa dalla sua stesa
gloria".
E l'appassionato dice: "No, la bellezza è temibile e possente.
Come la tempesta, scuote la terra sotto di noi e il cielo che ci
sovrasta".
Lo stanco e
l'annoiato dicono: "La bellezza è un lieve bisbiglio.
Parla del nostro spirito.
La sua voce cede ai nostri silenzi
come una debole luce che trema spaurita dall'ombra".
Ma l'inquieto dice: "Abbiamo udito il suo grido tra le montagne,
E con questo grido ci sono giunti strepito di zoccoli,
battiti d'ali e ruggiti di leoni".
Di notte le
guardie della città dicono:"La bellezza sorgerà con l'alba da
oriente".
E al meriggio colui che lavora e il viandante dicono:
"L'abbiamo vista affacciarsi sulla terra dalle finestre del
tramonto".
D'inverno, chi è isolato dalla neve dice:
"Verrà con la primavera balzando di colle in colle".
E nella calura estiva il mietitore dice:
"L'abbiamo vista danzare con le foglie dell'autunno e con la
folata di neve nei capelli".
Tutte queste cose
avete detto della bellezza,
Tuttavia non avete parlato di lei, ma di bisogni insoddisfatti.
E la bellezza non è un bisogno, ma un'estasi.
Non è una bocca assetata, né una mano vuota protesa,
Ma piuttosto un cuore bruciante e un'anima incantata.
Non è un'immagine che vorreste vedere, né un canto che vorreste
udire,
Ma piuttosto un'immagine che vedete con gli occhi chiusi,
e un canto che udite con le orecchie serrate.
Non è la linfa nel solco della corteccia, né l'ala congiunta
all'artiglio,
Ma piuttosto un giardino perennemente in fiore
e uno stormo d'angeli eternamente in volo.
Popolo di
Orfalese, la bellezza è la vita,
quando la vita disvela il suo volto sacro.
Ma voi siete la vita e siete il velo.
La bellezza è l'eternità che si contempla in uno specchio.
Ma voi siete l'eternità e siete lo specchio.
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SULLA CONOSCENZA
E un uomo
disse: Parlaci della Conoscenza
Il
morso della conoscenza mastica il pensiero nel luogo
più oscuro dell’esistenza, ma solo i vostri cuori
nascondono nei loro silenzi i segreti dei giorni e
delle notti.
Ma sono le vostre orecchie ad essere assetate dei
rumori che dormono nel cuore.
Con quale canto vorreste esprimere le parole che
avete sempre pensato.
E toccare con mano il corpo nudo dell’umano
pensiero.
Ed è bene che così sia.
Sappiate che la fonte nascosta della vostra anima
dovrà necessariamente effondersi e fluire mormorando
verso il mare.
E il tesoro della vostra infinita profondità si
mostrerà ai vostri occhi.
Ma non con la bilancia che valuterete questo
sconosciuto tesoro.
E non scandaglierete con asta o sonda le profondità
della vostra conoscenza.
Poiché l’essere è un mare sconfinato e
incommensurabile.
Non
dite: «Ho trovato la verità», ma piuttosto, «Ho
trovato una verità».
Non dite: «Ho trovato il sentiero dell’anima», ma
piuttosto, «Ho incontrato l’anima in cammino sul mio
sentiero».
Poiché l’anima cammina su tutti i sentieri.
L’anima non procede in linea retta, e neppure cresce
come una canna.
L’anima si schiude, con un fiore di loto dagli
innumerevoli petali.
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SULLA RAGIONE E
PASSIONE
E ancora la
sacerdotessa parlò e disse: Parlaci della Ragione e della
Passione.
E lui rispose
dicendo:
La
vostra anima è sovente un campo di battaglia
dove giudizio e ragione muovono guerra all'avidità
e alla passione.
Potessi io essere il pacificatore dell'anima vostra,
che converte rivalità e discordia in unione e
armonia.
Ma come potrò, se non sarete voi stessi i
pacificatori,
anzi gli amanti di ogni vostro elemento?
La ragione e la
passione sono il timone e la vela
di quel navigante che è l'anima vostra.
Se il timone e la vela si spezzano,
non potete far altro che, sbandati, andare alla deriva,
o arrestarvi nel mezzo del mare.
Poiché se la ragione domina da sola, è una forza che imprigiona,
e la passione è una fiamma che, incustodita, brucia fino alla
sua distruzione.
Perciò la vostra anima innalzi la ragione fino alla passione più
alta,
affinché essa canti,
E con la ragione diriga la passione, affinché questa viva in
quotidiana resurrezione,
e come la fenice sorga dalle proprie ceneri.
Vorrei che avidità
e giudizio fossero per voi come graditi ospiti nella vostra
casa.
Certo non onorereste più l'uno dell'altro,
perché se hai maggiori attenzioni per uno perdi la fiducia di
entrambi.
Quando sui colli sedete alla fresca ombra dei pallidi pioppi,
condividendo la pace e la serenità dei campi e dei prati
lontani,
allora vi sussurri il cuore: "Nella ragione riposa Dio".
E quando infuria la tempesta e il vento implacabile scuote la
foresta,
e lampi e tuoni proclamano la maestà del cielo,
allora dite nel cuore con riverente trepidazione:
"Nella passione agisce Dio".
E poiché siete un soffio nella sfera di Dio e una foglia nella
sua foresta,
voi pure riposerete nella ragione e agirete nella passione.
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SULLA CASA
Allora si fece
avanti un muratore e disse: Parlaci della Casa.
E lui rispose dicendo:
Costruite con l'immaginazione una capanna nel
deserto, prima di costruire una casa entro le mura
della città: poiché come voi rincasate al
crepuscolo, altrettanto fa il nomade che è in voi,
sempre esule e solo.
La casa è il vostro corpo più vasto.
Essa si espande nel sole e dorme nella quiete della
notte, e non è senza sogni. Non sogna forse la
vostra casa ?
E sognando non abbandona la città per il bosco o la
sommità della collina ?
Vorrei riunire nella mia mano le vostre case, e come
il seminatore disperderle in prati e foreste.
Vorrei che le vostre strade fossero valli e verdi
sentieri i vostri viali, affinché potreste cercarvi
l'un l'altro tra le vigne e ritrovarvi con l'abito
odoroso di terra.
Ma questo non può ancora accadere.
La paura dei vostri antenati vi ha radunati insieme,
troppo vicini. E questa paura durerà ancora in voi.
E ancora le mura delle vostre città separeranno dai
campi i vostri focolari.
Ditemi, popolo di Orfalese, che avete in queste case
?
E che mai custodite dietro l'uscio sbarrato ?
Pace ? Il calmo impeto che rivela la forza ?
Ricordi ? L'arco di pallida luce che unisce le cime
della mente ?
Avete la bellezza che conduce il cuore dagli oggetti
creati nel legno e nella pietra alla montagna sacra
?
Ditemi, avete questo nelle vostre case ?
O avete solo benessere e l'avidità del benessere che
furtiva entra in casa come ospite per diventarne
padrona e infine sovrana ? Si, essa vi domina,
e con il rampino e la frusta riduce a fantocci le
vostre aspirazioni più alte.
Benché abbia mani di seta, il suo cuore è di ferro.
Vi addormenta cullandovi per stare vicina al vostro
letto e prendersi gioco della dignità della carne.
Schernisce i vostri sensi integri e li depone nella
bambagia come fragili vasi.
In verità, l'avidità del benessere uccide la
passione dell'anima e sogghigna alle sue esequie.
Ma voi, figli dell'aria, insonni nel sonno, non
sarete ingannati né domati.
La
vostra casa non sarà l'ancora, ma l'albero della
nave.
Non sarà il velo lucente che ricopre la ferita, ma
la palpebra a difesa dell'occhio.
Non ripiegherete le ali per attraversare le porte,
non chinerete la testa per non urtare la volta, non
tratterrete il respiro per paura che le mura si
incrinino e crollino.
Non dimorerete in sepolcri edificati dai morti per i
vivi.
E sebbene magnifica e splendida, la vostra casa non
custodirà il vostro segreto né darà riparo alle
vostre brame.
Poiché
ciò che in voi è sconfinato risiede nella dimora del
cielo, la cui porta è bruma mattutina e le finestre
sono canti di quiete notturna.
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SULLA LIBERTA'
E un
oratore disse: Parlaci della Libertà.
Alle porte
della città e presso il focolare ho veduto voi, prostrati,
adorare la vostra libertà così come gli schiavi si piegano in
lodi davanti al tiranno che li uccide.
Sì, nel bosco del tempio e all’ombra della rocca ho visto che
per il più libero di voi la libertà non era che schiavitù e
oppressione.
E in me stesso il cuore ha sanguinato, poiché voi sarete liberi
solo quando lo stesso desiderio di ricercare la libertà
diventerà una pratica per voi e finirete di chiamarla un fine e
un compimento.
In verità sarete liberi solo quando i vostri giorni saranno
privi di pena e le vostri notti senza angoscia e senza esigenze.
Quando di queste cose sarà circondata la vostra vita, allora vi
innalzerete al di sopra di esse nudi e senza vincoli.
E come elevarvi oltre i giorni e le notti senza spezzare le
catene che all’alba della vostra conoscenza hanno imprigionato
l’ora del meriggio?
Quella che voi chiamate libertà è la più resistente di queste
catene, benché i suoi anelli vi abbaglino scintillando al sole.
E cos’è mai se non parte di voi stessi ciò che vorreste
respingere per essere liberi?
È ingiusta la legge che vorreste abolire, ma è la stessa che la
vostra mano vi ha scritto sulla fronte.
Non si può cancellarla bruciano i libri di diritto neppure
nettando la fronte dei vostri giudici, neanche riversandovi
sopra tutta l’acqua del mare.
Se è un despota colui che volete detronizzare,
badate prima che il trono eretto dentro di voi sia
stato già distrutto.
Come può governare un tiranno uomini liberi e fieri,
se non per una tirannia e un difetto della loro
stessa libertà e del loro orgoglio?
E se volete allontanare un affanno, ricordate che
quell’affanno non vi è stato imposto, ma voi l’avete
scelto.
E se volete dissipare un timore, cercatelo dentro di
voi e non nella mano di colui che questo timore
incute.
La prova lampante di ciò è che, tutto ciò che
desiderate e temete, che vi ripugna e vi blandisce,
ciò che perseguitate e ciò che vorreste sfuggire,
ognuna di queste cose si muove dentro il vostro
essere in un durevole e incompiuto abbraccio.
Come luci e ombre strettamente legate, ogni cosa si
agita in voi.
E quando un’ombra svanisce, la luce che indugia
diventa ombra per un’altra luce.
E così quando la vostra libertà getta le catene
diventa essa stessa la catena di una libertà più
grande.
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SUL DARE
Allora un
uomo ricco disse: Parlaci del Dare.
E lui rispose:
Date poca cosa se date le vostre ricchezze.
E' quando date voi stessi che date veramente.
Che cosa sono le vostre ricchezze se non ciò che
custodite e nascondete nel timore del domani ?
E domani, che cosa porterà il domani al cane troppo
previdente che sotterra l'osso nella sabbia senza
traccia, mentre segue i pellegrini alla città santa
?
E che cos'è la paura del bisogno se non bisogno esso
stesso ?
Non è forse sete insaziabile il terrore della sete
quando il pozzo è colmo ?
Vi sono quelli che danno poco del molto che
possiedono, e per avere riconoscimento, e questo
segreto desiderio contamina il loro dono.
E vi sono quelli che danno tutto il poco che hanno.
Essi hanno fede nella vita e nella sua munificenza,
e la loro borsa non è mai vuota.
Vi sono quelli che danno con gioia e questa è la
loro ricompensa.
Vi sono quelli che danno con rimpianto e questo
rimpianto è il loro sacramento.
E vi sono quelli che danno senza rimpianto né gioia
e senza curarsi del merito.
Essi sono come il mirto che laggiù nella valle
effonde nell'aria la sua fragranza.
Attraverso le loro mani Dio parla, e attraverso i
loro occhi sorride alla terra.
E' bene dare quando ci chiedono, ma meglio è
comprendere e dare quando niente ci viene chiesto.
Per chi è generoso, cercare il povero è gioia più
grande che dare.
E quale ricchezza vorreste serbare ?
Tutto quanto possedete un giorno sarà dato.
Perciò date adesso, affinché la stagione dei doni
possa essere vostra e non dei vostri eredi.
Spesso dite: "Vorrei dare ma solo ai meritevoli".
Le piante del vostro frutteto non si esprimono così
né le greggi del vostro pascolo.
Esse danno per vivere, perché serbare è perire.
Chi è degno di ricevere i giorni e le notti, è certo
degno di ricevere ogni cosa da voi.
Chi merita di bere all'oceano della vita, può
riempire la sua coppa al vostro piccolo ruscello.
E quale merito sarà grande quanto la
fiducia, il coraggio, anzi la carità che
sta nel ricevere ?
E chi siete voi perché gli uomini vi mostrino il
cuore, e tolgano il velo al proprio orgoglio così
che possiate vedere il loro nudo valore e la loro
imperturbata fierezza ?
Siate prima voi stessi degni di
essere colui che da e allo stesso tempo
uno strumento del dare.
Poiché in verità è la vita che da alla vita, mentre
voi, che vi stimate donatori, non siete che
testimoni.
E voi che ricevete - e tutti ricevete - non
permettete che il peso della gratitudine imponga un
giogo a voi e a chi vi ha dato.
Piuttosto i suoi doni siano le ali su cui volerete
insieme.
Poiché preoccuparsi troppo del debito è dubitare
della sua generosità che ha come madre la terra
feconda, e Dio come padre.
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SUL LAVORO
Allora un
contadino disse: Parlaci del Lavoro.
E lui rispose dicendo:
Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e
l'anima della terra.
Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire
dal corso della vita, che avanza in solenne e fiera
sottomissione verso l'infinito.
Quando lavorate siete un flauto attraverso il quale
il sussurro del tempo si trasforma in musica.
Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e
muta quando tutte le altre cantano all'unisono ?
Sempre vi è stato detto che il lavoro è una
maledizione e la fatica una sventura.
Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte
del sogno più remoto della terra, che vi fu dato in
sorte quando il sogno stesso ebbe origine.
Vivendo delle vostre fatiche, voi amate in verità la
vita.
E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne
il segreto più profondo.
Ma se nella vostra pena voi dite che nascere è
dolore e il peso della carne una maledizione scritta
sulla fronte, allora vi rispondo : tranne il sudore
della fronte niente laverà ciò che vi è stato
scritto.
Vi è stato detto che la vita è tenebre e nella
vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato
detto dagli esausti.
E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché
quando è slancio,
E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere,
E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro,
E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore;
E quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo
con voi stessi, con gli altri e con Dio.
E cos'è lavorare con amore ?
E' tessere un abito con i fili del cuore, come se
dovesse indossarlo il vostro amato.
E' costruire una casa con dedizione come se dovesse
abitarla il vostro amato.
E' spargere teneramente i semi e mietere il raccolto
con gioia, come se dovesse goderne il frutto il
vostro amato.
E' diffondere in tutto ciò che fate il soffio del
vostro spirito,
E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili
intorno a voi.
Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno:
"Chi lavora il marmo e scopre la propria anima
configurata nella pietra, è più nobile di chi ara la
terra.
E chi afferra l'arcobaleno e lo stende sulla tela in
immagine umana, è più di chi fabbrica sandali per i
nostri piedi".
Ma io vi dico, non nel sonno ma nel vigile e pieno
mezzogiorno, il vento parla dolcemente alla quercia
gigante come al più piccolo filo d'erba;
E che è grande soltanto chi trasforma la voce del
vento in un canto reso più dolce dal proprio amore.
Il lavoro è amore rivelato.
E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con
disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla
porta del tempio, accettare l'elemosina di chi
lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi
cuocete un pane amaro, che non potrà sfamare l'uomo
del tutto.
E se spremete l'uva controvoglia, la vostra
riluttanza distillerà veleno nel vino.
E anche se cantate come angeli, ma non amate il
canto, renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e
della notte.
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SULL'INSEGNAMENTO
E un
maestro disse: Parlaci dell'Insegnamento.
E lui disse:
Nessuno può insegnarvi nulla se non ciò che già
sonnecchia nell'albeggiare della vostra conoscenza.
Il maestro che cammina all'ombra del tempio tra i
discepoli non elargisce la sua sapienza, ma
piuttosto la sua fede e il suo amore. E se davvero è
saggio, non vi invita ad entrare nella dimora del
suo sapere, ma vi guida alla soglia della vostra
mente.
L'astronomo può dirvi ciò che sa degli spazi, ma non
può darvi la sua conoscenza.
Il musico può cantarvi la melodia che è nell'aria,
ma non può darvi l'orecchio che fissa il ritmo, né
l'eco che rimanda il suono. E colui che è esperto
nella scienza dei numeri può descrivervi il mondo
del peso e della misura, ma oltre non può condurvi.
Poiché la visione di un uomo non presta le proprie
ali a un altro uomo. E così come ognuno è solo nella
conoscenza di Dio, ugualmente deve in solitudine
conoscere Dio e comprendere la terra.
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IL COMMIATO
E
così si fece sera. e Almitra, l'indovina, disse:
Sia
benedetto questo giorno e questo luogo e il tuo
spirito che ha parlato. E lui rispose: Ero io a
parlare ? Non sono stato io stesso un uditore ?
Quindi scese i gradini del tempio e tutto il popolo
lo seguì. Lui raggiunse la sua nave e restò in piedi
sul ponte. E ancora rivolto al popolo levò alta la
voce e disse: Popolo di Orfalese, il vento mi
comanda di lasciarvi. Io sono meno impaziente del
vento, tuttavia devo andare. Per noi, viandanti
eternamente alla ricerca della via più solitaria,
non inizia il giorno dove un altro giorno finisce, e
nessuna aurora ci trova dove ci ha lasciato al
tramonto. Anche quando dorme la terra, noi
procediamo nel viaggio. Siamo i semi della tenace
pianta, ed è nella nostra maturità e pienezza di
cuore che veniamo consegnati al vento e dispersi.
Brevi furono i miei giorni tra voi, e ancor più
brevi le parole che ho detto. Ma se la mia voce si
affievolirà nel vostro orecchio e il mio amore
svanirà nella vostra memoria, allora io tornerò. E
con cuore più ricco e labbra più docili allo
spirito, parlerò con voi. Sì, tornerò con la marea,
E se anche la morte mi celasse e mi avvolgesse il
silenzio più profondo, ancora cercherò il vostro
ascolto. E non cercherò invano. Se ciò che ho detto
è verità, questa verità dovrà rivelarsi in una voce
più chiara e in parole più somiglianti ai vostri
pensieri.
Io
vado col vento, popolo di Orfalese, ma non verso il
nulla. E se questo giorno non è compimento
delle vostre attese né del mio amore, sia allora
promessa per un altro giorno. I bisogni dell'uomo
mutano, ma non il suo amore né il desiderio
che sia l'amore a placarli. Sappiate dunque che io
tornerò dal silenzio più grande. La nebbia che
all'alba si dissolve e lascia sui campi solo
rugiada, si alzerà per raccogliersi in nube e
ricadere sotto forma di pioggia. E io fui come
nebbia. Nella quiete della notte ho camminato per le
vostre strade e il mio spirito è entrato nelle
vostre case, I palpiti del vostro cuore erano nel
mio cuore e sul mio volto soffiava il vostro
respiro, e vi ho conosciuti tutti. Sì, ho conosciuto
la vostra gioia e il vostro dolore e, nel sonno, i
vostri sogni erano i miei sogni. Tra voi sovente
sono stato un lago circondato da montagne. In me si
sono rispecchiate le vostre vette e i curvi pendii,
e anche il lento sfilare delle greggi dei vostri
pensieri e passioni. E al mio silenzio è giunto come
a ruscelli il riso dei vostri bambini e a fiumi
l'ardente desiderio dei vostri giovani. E raggiunta
la mia profondità, ruscelli e fiumi non avevano
ancora smesso il canto. Ma qualcosa di più dolce del
riso e più grande del desiderio è giunto sino a me.
L'infinito in voi;
L'uomo
immenso del quale non siete altro che cellule e
nervi; Nel cui cantico ogni vostra voce non è che un
muto singhiozzo. E' nell'uomo immenso che voi siete
immensi, Ed è nel guardarlo che vi ho guardato e
amato. Poiché a quali distanze, al di là di questa
immensa sfera, può giungere l'amore ? Quali visioni,
quali attese e quali speranze si eleveranno oltre
quel volo ? Come una quercia gigantesca in piena
fioritura è l'uomo immenso in voi. La sua forza vi
lega alla terra, la sua fragranza vi solleva
nell'aria, e nel suo perdurare voi siete immortali.
Vi è stato detto che voi, simili a una catena, siete
deboli quanto il vostro anello più debole. Questa
non è che una mezza verità. Voi siete anche forti
come il vostro anello più forte. Misurarvi dalla
vostra azione più meschina è come calcolare la
potenza dell'oceano dalla fragilità della sua
schiuma. Giudicarvi dai vostri errori è accusare le
stagioni per la loro incostanza. Sì, voi siete come
l'oceano, E sebbene le navi, pesanti di carichi,
attendano la marea sulle vostre rive, voi, come
l'oceano, non la potete affrettare.
E
inoltre siete come le stagioni, E benché nel vostro
inverno neghiate la vostra primavera, La primavera
che è in voi sorride intatta e assopita. Non
pensiate che io vi parli così affinché vi diciate
l'un l'altro: "Ci ha ben lodato. In noi non ha visto
che il buono". Io vi ho solo tradotto in parole ciò
che voi stesse conoscete in pensiero. E che cos'è la
parola se non l'ombra di una conoscenza inespressa ?
I vostri pensieri e le mie parole sono le onde di
una memoria sigillata che conserva la traccia del
nostro passato, E dei remoti giorni in cui la terra
non conosceva noi né sé stessa, E delle notti in cui
era preda del caos. Uomini savi sono venuti per
darvi la loro saggezza. Io sono venuto per
attingerla da voi. E ho trovato quanto è più grande
della saggezza: La fiamma dello spirito in voi che
si alimenta di sé stessa, Mentre voi, noncuranti del
suo espandersi, piangete l'inaridire dei giorni. E
ho trovato la vita che cerca la vita in corpi che
temono la tomba. Qui non ci sono tombe. Queste
montagne e queste pianure sono una culla e una
pietra per il guado.
Quando
passate per il campo dopo aver sepolto i vostri avi,
guardatevi intorno e vedrete voi stessi con i vostri
figli danzare mano nella mano.
In
verità, spesso fate festa senza saperlo. Altri
uomini vennero a blandire la vostra fede con dorate
promesse e voi a loro rendeste ricchezze e potenza e
gloria. Io vi ho dato meno di una promessa, eppure
siete stati con me più generosi: Mi avete dato la
più profonda sete di vita futura. Certo non vi è
dono più grande per un uomo di ciò che muta ogni
proposito in labbra ardenti e tutta la vita in una
fonte. E in questo sta il mio onore e la mia
ricompensa: Vengo a bere a una fonte e trovo l'acqua
viva essa stessa assetata; E mentre io bevo l'acqua
mi beve. Qualcuno tra voi mi ha stimato superbo e
troppo schivo per ricevere doni. In verità sono
troppo superbo per accettare compensi, ma non doni.
E sebbene abbia mangiato bacche sulle colline quando
mi avreste invitato alla vostra mensa, E dormito
sotto il portico del tempio quando mi avreste dato
asilo con gioia, Non è stata forse la vostra
amorevole preoccupazione per i miei giorni e le mie
notti a rendere il cibo dolce alla mia bocca e a
circondare il mio sonno di visioni ?
Per tutto questo io vi benedico ancora. Voi date
molto e lo ignorate: In verità la bontà che si
ammira allo specchio si tramuta in pietra, E una
buona azione che si compiace di sé stessa genera una
maledizione. E alcuni di voi mi hanno giudicato
distante ed ebbro della mia solitudine, E hanno
detto, "Lui tiene consiglio con gli alberi della
foresta, ma non con gli uomini. Siede solitario
sulle cime dei monti e guarda dall'alto la nostra
città". E' vero, ho scalato montagne e ho camminato
in luoghi remoti. Ma come avrei potuto vedervi se
non da una grande altitudine o da una grande
distanza ? In verità, come si può essere vicini se
non si conosce la lontananza ? E altri tra voi si
sono tacitamente rivolti a me pronunziando queste
parole: "Straniero, straniero, amante di
irraggiungibili altezze, perché vivi sulle cime dove
le aquile costruiscono il loro nido ? Perché cerchi
l'impossibile ? Quali tempeste vorresti carpire ? E
quali uccelli chimerici insegui nel cielo ? Vieni, e
sii uno di noi. Scendi, placa la tua fame col nostro
pane e spegni la tua sete col nostro vino".
Nella
solitudine dell'anima questo hanno detto;
Ma se
la loro solitudine fosse stata più profonda
avrebbero capito che ricercavo soltanto il segreto
della vostra gioia e della vostra pena, E che
inseguivo soltanto la vostra essenza più vasta che
si libra nel cielo. Ma il cacciatore è stato anche
la preda; Molte frecce hanno lasciato il mio arco
solo per mirare al mio petto. E il volatile è stato
anche il rettile; Quando le mie ali si dispiegavano
al sole, la loro ombra sulla terra era una
tartaruga. E io, il credente, sono stato anche lo
scettico, Poiché sovente ho messo il dito nella mia
stessa piaga, per avere di voi la conoscenza e la
fede più profonde. Ed è con questa fede e questa
conoscenza che io dico, Voi non siete rinchiusi nel
vostro corpo, né confinati nelle case o nei campi.
Ciò che voi siete ha la sua dimora tra le montagne
ed erra nel vento. E non è qualcosa che striscia al
sole per scaldarsi o scava buche nel buio per
trovare rifugio. Ma qualcosa di libero, uno spirito
che avvolge la terra e muove nell'etere. Se queste
sono parole vaghe, non cercate di chiarirle. Vago e
nebuloso è l'inizio di ogni cosa, ma non la sua
fine.
E
vorrei che mi ricordaste come un inizio. La vita, e
tutto ciò che vive, è concepito nella nebbia e non
nel cristallo. E chissà se il cristallo non è la
nebbia che si dilegua ? Nel ricordarmi, non
scordatevi di questo: Ciò che in voi sembra più
fragile e confuso, è invece più forte e determinato.
Non è forse il respiro che ha eretto e temprato la
vostra struttura ? E non è forse un sogno che
nessuno di voi ricorda di aver sognato, ciò che ha
edificato la vostra città e modellato ogni cosa in
essa ? Se solo poteste vedere il flusso di questo
respiro, non vorreste vedere nient'altro. E se solo
poteste udire il sussurro di questo sogno, non
vorreste ascoltare suono diverso. Ma voi non vedete
né udite, e questo è bene. Il velo che offusca i
vostri occhi sarà sollevato dalla mano che lo ha
tessuto, E la creta che ostruisce le vostre orecchie
sarà rimossa dalle dita che l'hanno impastata. E voi
vedrete. E voi udirete. Ma non rimpiangerete di aver
conosciuto la cecità, né di essere stati sordi.
Poiché in quel giorno conoscerete il fine nascosto.
E benedirete l'oscurità come avreste benedetto la
luce.
Dette
queste cose si guardò intorno e vide il timoniere in
piedi vicino alla sbarra scrutare ora le vele gonfie
ora l'orizzonte.
E
disse: Paziente, troppo paziente è il capitano della
mia nave. Il vento soffia e le vele sono inquiete;
Anche il timone implora la sua rotta; Tuttavia il
mio capitano ha atteso con calma il mio silenzio. E
questi miei marinai, che già udivano il coro del
mare aperto, hanno saputo ascoltarmi pazienti. Non
aspetteranno più a lungo. Sono pronto. Il fiume ha
raggiunto il mare, e ancora una volta la grande
madre accoglie il figlio nel suo grembo. Addio,
popolo d'Orfalese. Questo giorno è finito. Si chiude
su di noi come il giglio acquatico sul suo domani.
Serberemo quello che qui ci è stato donato, E se non
sarà sufficiente, ci ricongiungeremo per tendere
ancora le mani verso colui che dà. Tornerò a voi,
non dimenticatemi. Sarà tra breve, e il mio anelito
raccoglierà polvere e saliva per un altro corpo.
Sarà tra breve, un attimo di calma nel vento e
un'altra donna mi partorirà. Addio a voi e alla
giovinezza trascorsa con voi. Appena ieri ci
incontrammo. Voi avete cantato per me nella mia
solitudine e io ho costruito una torre nel cielo con
i vostri desideri.
Ma ora
il nostro sogno è finito, è volato via il sonno e
non è più l'alba. Il mattino volge al termine, il
nostro dormiveglia si è trasformato nella pienezza
del giorno, e dobbiamo separarci. Se ancora una
volta ci incontreremo nel crepuscolo della memoria,
parleremo nuovamente insieme, e il canto che voi
intonerete sarà allora più profondo. E se le nostre
mani si toccheranno in un altro sogno, costruiremo
un'altra torre nel cielo.
Così
dicendo fece un segnale ai marinai e subito essi
levarono le ancore e, liberata la nave dagli
ormeggi, salparono verso oriente. E un grido venne
dal popolo come da un solo cuore, salì nel
crepuscolo e dal mare fu portato lontano come uno
squillo di tromba.
Solo
Almitra rimase in silenzio fissando la nave fino a
che scomparve nella foschia. E quando tutto il
popolo si disperse lei restò sola sul molo mentre
nel suo cuore riaffioravano le parole:
"Sarà
tra breve, un attimo di calma nel vento, e un'altra
donna mi partorirà"